Buon pomeriggio readers,
eccoci qui con un nuovo appuntamento dedicato alla Rubrica di Pagina 69? Oggi come ospite abbiamo Maria Caterina Basile e il suo libro "Vita di paese".
eccoci qui con un nuovo appuntamento dedicato alla Rubrica di Pagina 69? Oggi come ospite abbiamo Maria Caterina Basile e il suo libro "Vita di paese".
Pagina 69
Autore Emergente se ti sei appena sintonizzato sul mio
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Sia per la pagina 69 che per la segnalazione dovrai inviarmi il seguente materiale:
- Libro da segnalare
- Piccolo estratto a piacere del libro
- Biografia
- Foto autore/autrice o qualcosa che vi rappresenti
Avviso: Tutte le email sprovviste di questo materiale non saranno neanche prese in considerazione
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Ricordo che la rubrica è stata ideata da Ornella di Peccati di Penna.
VITA DI PAESE - MARIA CATERINA BASILE
Genere: Romanzo di Formazione
Editore: Nulla Die
Prezzo: € 10,00
Pagine: 74
Uscita: 30 Agosto 2017
Vita di paese racconta la storia di Damiano Pellegrino, trentacinquenne che, dopo diciassette anni passati a lavorare come barista in Svizzera, ritorna nella sua terra, il Salento.
Si tratta di una decisione improvvisa, motivata da una crisi profonda alla quale egli vuol mettere fine una volta per tutte. Stanco di vivere nell’incessante rimorso di non essere stato al fianco del padre la mattina che quest’ultimo era stato colto da un infarto, Damiano si mette al volante e torna al suo paese, Miraggio. La prima persona che incontra è il suo professore di italiano alle medie, don Carlo Brigante, il quale lo aveva sempre spronato a continuare gli studi ed a coltivare il suo talento di scrittore. Damiano è sorpreso nel constatare che l’uomo non solo non ha smesso di credere in lui, ma addirittura si aspetta ancora che scriva il libro della sua vita.
Una forza misteriosa pare voler portare il protagonista a liberarsi dal rimorso che lo ha condannato alla fuga dalla terra natia e da se stesso. Pur tentando di continuare a vivere in completo isolamento, dormendo di giorno e vagando nella notte in preda a sconnessi soliloqui, pian piano egli comincia a guardarsi con occhi nuovi: quelli pieni di pietà e misericordia di chi lo circonda. Nei pochi mesi passati al paese è travolto da un vortice continuo di riflessioni interiori sull’esistenza: il cambiamento, tutto interiore, è inevitabile.
ESTRATTO
anche gli alberi mettono da parte i loro sogni. Ma ve ne sono altre in cui sui loro rami sbocciano fiori carichi di illusioni. E che colori, che magnifici colori! Un irrefrenabile desiderio di mettere i miei pensieri su carta si è impossessato di me. Ho ripreso a camminare. Un’anziana donna si avviava verso casa: portava annodato al collo un fazzoletto, come mia nonna. Aveva ragione il professore: sospesi tra passato e presente, non ci è lecito condividere con i nostri pari la nostalgia per un mondo antico mai posseduto, eppure tanto agognato. Siamo pochi, siamo quelli che restano al Sud, tra vecchi e bambini. Tra certezze antiche e una realtà nuova, luccicante e spesso puzzolente: siamo a metà, spezzati, divisi tra desiderio di appartenenza e un futuro che ci sfugge dalle mani. Ci si aspetta, da noi, l’innovazione o magari l’invenzione di nuove tradizioni. Un mondo nuovo. Ma siamo un corpo frammentato, inerte, che attende di essere ricomposto con pazienza, amore, pietà. Una volta a casa, mi sono chiuso in camera mia. Dovevo fare ordine sulla scrivania, liberarla per mettermi a sedere e scrivere, facendo ordine anche tra i pensieri. Parole! Le parole delle poesie sono intime, personali, sono solo per noi stessi; diversa è la prosa, che tende la mano a lettori sicuri di sé. Il lettore di poesia è un naufrago, i versi ch’egli ama il fradicio pezzo di legno al quale si aggrappa, forse inutilmente, nella fioca speranza di restare in vita.
Pupille dilatate dalla solitudine. Dovevo, in qualche modo, far sì di bastare nuovamente a me stesso: penna, primo foglio. Qualche parola in fila.
Cancellature grossolane. Secondo foglio.
Altre parole. Altre cancellature.
Ah, era inutile cercare di iniziare qualcosa di nuovo, qualcosa di puro: eccola là, la macchia d’inchiostro, eccoli là, i due fogli stracciati e accartocciati. E la rabbia, quanta rabbia! di restare inchiodato a quel tedio, mentre la libertà se ne
andava a farsi un giro col vento facendosi beffe di me. Un inizio, una strada che conducesse in un luogo sicuro: questo chiedevo. Non sentieri tortuosi e spine che non portano da nessuna parte. Ecco che le palpebre si richiudevano, gonfie e stanche. Il peso degli errori e della superbia e l’impotenza – maledetta impotenza! – mi schiacciavano l’anima, mi addormentavano il cuore. E, intanto, la vita fuori continuava a scorrere, noncurante dei miei piedi fermi. Le parole le avevo perdute tutte, tutte. E la povertà aveva un sapore amaro. Sono rimasto seduto a frugare nel tiretto dei ricordi, nella speranza di trovarvi fogli di poesie e racconti e potermi così mettere in piedi sulla sedia, brandendoli da vincitore. Li ho trovati. Ma è da sconfitto che sono rimasto a sedere e del vinto ho assunto la posa, lasciando cadere i fogli per terra e coprendomi il volto con le mani, soffocando i singhiozzi del male che avanzava e che non mi lasciava scelta, scorrendo inesorabile come un fiume impietoso che tutto travolge e tutto annienta. Fare pace col tempo. Fare pace col tempo. Pazientare.
Ho preso in mano un quaderno a caso. Sulla copertina campeggiava una scritta in stampatello: “Viva Berardo Viola”. L’ho aperto. Sotto il titolo “Riflessioni notturne, 07/03/1998”, c’era scritto: “Dobbiamo stare attenti a non salire troppo in alto sulle nostre fragili scale sociali: la guerra tra poveri ci farà cadere tutti, tutti.
Più alta sarà la nostra meta, più profondo il burrone di miseria spirituale nel quale cadremo. Perché una sola è la bandiera a cui noi meridionali dobbiamo prestare giuramento: quella dello Spirito. La bandiera di una terra senza confini, che ci ricordi ciò che siamo, che ci rammenti di non provare a schiacciare gli ultimi come se fossimo giganti: siamo formiche, piccoli laboriosi pacifici insetti, piccoli insetti neri con la schiena piegata sotto il sole cocente. Le nostre mani non devono far altro che spezzare il pane in segno di pace, i nostri piedi devono restare ancorati alla terra: guai se salissero anche un solo gradino! Sarebbe la fine del nostro piccolo mondo d’incanto”.
Pupille dilatate dalla solitudine. Dovevo, in qualche modo, far sì di bastare nuovamente a me stesso: penna, primo foglio. Qualche parola in fila.
Cancellature grossolane. Secondo foglio.
Altre parole. Altre cancellature.
Ah, era inutile cercare di iniziare qualcosa di nuovo, qualcosa di puro: eccola là, la macchia d’inchiostro, eccoli là, i due fogli stracciati e accartocciati. E la rabbia, quanta rabbia! di restare inchiodato a quel tedio, mentre la libertà se ne
andava a farsi un giro col vento facendosi beffe di me. Un inizio, una strada che conducesse in un luogo sicuro: questo chiedevo. Non sentieri tortuosi e spine che non portano da nessuna parte. Ecco che le palpebre si richiudevano, gonfie e stanche. Il peso degli errori e della superbia e l’impotenza – maledetta impotenza! – mi schiacciavano l’anima, mi addormentavano il cuore. E, intanto, la vita fuori continuava a scorrere, noncurante dei miei piedi fermi. Le parole le avevo perdute tutte, tutte. E la povertà aveva un sapore amaro. Sono rimasto seduto a frugare nel tiretto dei ricordi, nella speranza di trovarvi fogli di poesie e racconti e potermi così mettere in piedi sulla sedia, brandendoli da vincitore. Li ho trovati. Ma è da sconfitto che sono rimasto a sedere e del vinto ho assunto la posa, lasciando cadere i fogli per terra e coprendomi il volto con le mani, soffocando i singhiozzi del male che avanzava e che non mi lasciava scelta, scorrendo inesorabile come un fiume impietoso che tutto travolge e tutto annienta. Fare pace col tempo. Fare pace col tempo. Pazientare.
Ho preso in mano un quaderno a caso. Sulla copertina campeggiava una scritta in stampatello: “Viva Berardo Viola”. L’ho aperto. Sotto il titolo “Riflessioni notturne, 07/03/1998”, c’era scritto: “Dobbiamo stare attenti a non salire troppo in alto sulle nostre fragili scale sociali: la guerra tra poveri ci farà cadere tutti, tutti.
Più alta sarà la nostra meta, più profondo il burrone di miseria spirituale nel quale cadremo. Perché una sola è la bandiera a cui noi meridionali dobbiamo prestare giuramento: quella dello Spirito. La bandiera di una terra senza confini, che ci ricordi ciò che siamo, che ci rammenti di non provare a schiacciare gli ultimi come se fossimo giganti: siamo formiche, piccoli laboriosi pacifici insetti, piccoli insetti neri con la schiena piegata sotto il sole cocente. Le nostre mani non devono far altro che spezzare il pane in segno di pace, i nostri piedi devono restare ancorati alla terra: guai se salissero anche un solo gradino! Sarebbe la fine del nostro piccolo mondo d’incanto”.
BIOGRAFIA
Maria Caterina Basile è nata a Taranto nel 1981. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università del Salento. È autrice di Timothy Leary. La religione della coscienza dalla rivoluzione psichedelica ai rave (Alpes Italia, Roma, 2012).
Sue liriche sono apparse sulle antologie Quando ritorna la stagione aprica (Centro Giovani Casalotti, Artemide Editrice, Roma, 1999), Il Federiciano 2010 (Aletti Editore, Villalba di Guidonia, 2010); sulla rivista Gradiva, International Journal of Italian Poetry (Stony Brook, NY, 2011); sul blog Thema (http://thematico.blogspot.it/, 2012); nei libri Sotto l’Albero delle Mele Vol. 2, Parole in fuga – volume 9, L’indice delle esistenze – Le Diversità, Il Federiciano – Libro Indaco, (Aletti Editore, Villalba di Guidonia, 2013), L’indice delle esistenze – L’Italia, L’indice delle esistenze – I Ricordi (Aletti Editore, Villalba di Guidonia, 2014). Nel 2006 ha ricevuto il Diploma Honoris Causa dal “Centro Divulgazione Arte e Poesia Ignazio Privitera”.
Attualmente vive in provincia di Lecce.
Sue liriche sono apparse sulle antologie Quando ritorna la stagione aprica (Centro Giovani Casalotti, Artemide Editrice, Roma, 1999), Il Federiciano 2010 (Aletti Editore, Villalba di Guidonia, 2010); sulla rivista Gradiva, International Journal of Italian Poetry (Stony Brook, NY, 2011); sul blog Thema (http://thematico.blogspot.it/, 2012); nei libri Sotto l’Albero delle Mele Vol. 2, Parole in fuga – volume 9, L’indice delle esistenze – Le Diversità, Il Federiciano – Libro Indaco, (Aletti Editore, Villalba di Guidonia, 2013), L’indice delle esistenze – L’Italia, L’indice delle esistenze – I Ricordi (Aletti Editore, Villalba di Guidonia, 2014). Nel 2006 ha ricevuto il Diploma Honoris Causa dal “Centro Divulgazione Arte e Poesia Ignazio Privitera”.
Attualmente vive in provincia di Lecce.
Ma daiiii... io ho appena pubblicato la mia recensione, vieni a darci uno sguardo se vuoi ^_^
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