Se da una parte si parla tanto di Joker come re indiscusso del botteghino, dall’altra parecchi membri dell’Academy, coloro che decidono le sorti dei prossimi Oscar, sembrano voler placare il successo del film dichiarandolo potenzialmente pericoloso.
Tra allerte per improbabili imitatori e il tentativo di distogliere l’attenzione dal vero punto focale del film, Joker sta riscuotendo un enorme consenso tra il pubblico, tanto da spingerlo a immedesimarsi nel dramma quotidiano di Arthur Fleck e a porsi delle domande sulla sua identità (e sul finale) a cui il regista Todd Phillips ha provato a rispondere.
La settimana scorsa vi abbiamo lasciato con una recensione generica del film; adesso, invece, se volete proseguire con l’articolo, è necessario che abbiate visto il film.
ATTENZIONE! SPOILER!
Tra allerte per improbabili imitatori e il tentativo di distogliere l’attenzione dal vero punto focale del film, Joker sta riscuotendo un enorme consenso tra il pubblico, tanto da spingerlo a immedesimarsi nel dramma quotidiano di Arthur Fleck e a porsi delle domande sulla sua identità (e sul finale) a cui il regista Todd Phillips ha provato a rispondere.
La settimana scorsa vi abbiamo lasciato con una recensione generica del film; adesso, invece, se volete proseguire con l’articolo, è necessario che abbiate visto il film.
ATTENZIONE! SPOILER!
JOKER SPAVENTA L’ACADEMY MA SBANCA AL
BOTTEGHINO: IL PERCHÉ NEGLI INDIZI (POCO) NASCOSTI.
ACADEMY
Durante la proiezione per i membri
degli addetti agli Oscar, a cui ha partecipato poco più della metà dei diretti
interessati, qualcuno ha lasciato la sala, altri si sono dichiarati “a disagio”
per buona parte del film. E non mi stupisce minimamente. La paura di una
“rivoluzione” che possa essere ispirata dal film è, ovviamente, una scusa. Se
Joker avesse il potere di creare un vero scompiglio tra le masse, questo
vorrebbe dire che ogni film e telefilm in cui il protagonista piace, per
quanto immorale possa essere il suo comportamento, avrebbe lo stesso potere
sullo spettatore, e che nel tempo saremmo diventati tutti mafiosi (Il Padrino),
narcotrafficanti (Breaking Bad) e quant’altro.
La ragione della paura, senza
troppi giri di parole, sta nel fatto che questo film è scomodo per determinate
“categorie” di persone (visto che le etichettature sono tanto care alla società
di oggi, le userò anche io per una volta). La paura dei “privilegiati” risiede
nel possibile risveglio delle masse
di “emarginati”: il ribaltamento della società che da sempre ruota intorno alle
mani di una piccola casta di ricchi e potenti, che governano prima di tutto sui
benestanti (coloro a cui, tutto sommato, va bene così) e per nulla sui
dimenticati, quei cittadini invisibili, abbandonati, derisi, emarginati, che esistono
nonostante nessuno sembra accorgersene.
Il successo di Joker da parte del
pubblico di tutto il mondo risiede nella consapevolezza, forse repressa per
molto tempo ma esistente, che una disparità ingiusta c’è, e che noi pendiamo
molto più verso la parte emarginata che dall’altra. Ciò che questi signori
dell’Academy e altri hanno dimenticato, però, è che non c’è bisogno di andare
al cinema per vedere tutto questo, e nemmeno oltre i confini. È qui ogni
giorno, nelle nostre città, in cui divaga violenza, irrazionalità, paura del
diverso, discriminazione, rabbia, soppressione della libertà. Non c’è film che
possa creare consapevolezza su qualcosa di inesistente, per questo Joker fa
tanta paura. Il regista Michael Moore, famoso per le sue inchieste
documentaristiche ai danni dei potenti, ha espresso al meglio questo concetto:
“Joker è un capolavoro, il pericolo è NON vederlo”.
Molti si sono chiesti se Arthur Fleck è il vero Joker, se la
storia mostrata è reale o accade nella sua testa. Il regista non ha dato molte
delucidazioni in merito, dicendo soltanto che il bello sta nell’interpretazione
soggettiva di ognuno di noi. Però il sospetto che queste parole siano state contenute
dalle polemiche intorno al film e di cui vi abbiamo parlato prima, un po’
viene. Proviamo a capire perché.
OROLOGIO
Nella prima parte del film, e più
precisamente nella chiacchierata con la psicologa e nel flash di Arthur ad
Arkham che sbatte ripetutamente la testa contro il vetro, si può notare un
orologio che segna le 11:11 in entrambe le scene. Lo stesso orario viene
riproposto sul luogo di lavoro di Arthur quando, dopo esser stato licenziato, prende
le sue cose per andar via. Prima, però, l’orologio che si trova dentro un
televisore a tubo catodico – e che segna le 11:11 – viene preso a pugni e distrutto
da Arthur. L’unico orologio che verrà mostrato da lì alla fine è al Murray Show,
nell’ultimo sconvolgente atto, e segnerà le 10.40 di sera.
Cosa vuol dire?
Probabilmente l’arco narrativo è tutto reale, ma collocato a volte nella testa
di Arthur (come gli appuntamenti mai avvenuti con la vicina di casa Sophie),
altre volte no. Il tempo era come bloccato per lui: dentro Arkham, chiuso in
una stanza bianca e sedato dai medicinali, non era in grado di distinguere il
reale dalla finzione. Fin quando “per tutta la vita non ho mai saputo se
esistevo veramente. Ma esisto, e le persone iniziano a notarlo”. Nel momento in
cui impugna la pistola per difendersi dai tre riccotti di Wall Street che lo
aggrediscono, quando decide di reagire, di smettere di provare a inserirsi in
una società che rifiuta ogni suo sforzo, la consapevolezza che anche lui può
dare un impatto sul mondo diventa verità.
TUTTO NELLA SUA TESTA?
Altro espediente narrativo presente
in scena, è la ripetuta immagine rettangolare di un vetro o di uno specchio insistente
nella composizione del set che domina l’inquadratura di parecchie scene
pre-consapevolezza. Questo elemento ricorda il set bianco di Arkham in cui era
imprigionato, che appare per l’ultima volta nella danza liberatoria – davanti a
un grande specchio rettangolare, appunto – dopo aver ucciso per la prima volta.
Così come le sbarre che circondano la cassetta della posta nel suo palazzo ricordano
una prigione. E i capelli? Nel finale in cui Arthur finalmente si lascia andare
alla prima vera risata di gusto, il look è molto più vicino a quello post
consapevolezza che all’inizio del film.
Durante la visita alla stand up comedy,
in cui proverà a capire i meccanismi che innescano la risata nel pubblico
prendendo appunti su comici di cabaret, Arthur prende anche una breve nota:
“capelli lisci”. Forse il suo taglio lasciato al caso e scompigliato non è
accettato dalla società a cui sta cercando di adattarsi. Capelli quasi lisci,
composti e fermati indietro dal gel, danno vita al look di Joker e ritornano
proprio nella scena finale incriminata, successiva agli eventi narrati e di
poco precedente all’uccisione della seconda psicologa.
Tutto questo, per un film così attento ai
dettagli, non può essere un caso. Ma ciò che sembra essere suggerito è che poco
importa cosa si svolga all’esterno o all’interno della mente di Arthur, in cui
non è presente questa netta divisione di realtà o immaginazione, poiché il
risultato finale è lo stesso: la liberazione di Joker dalle catene reali e
interiori di cui era prigioniero e la volontà di prendere il suo posto nel
mondo. Non sentirsi più un disturbo, non pretendere di star bene, lasciar
andare la sua vera natura – “il lato peggiore della malattia mentale … è che la
gente vorrebbe che tu ti comportassi come se non l’avessi”, la cui seconda
parte di frase verrà scritta con la mano sinistra invece che con la destra – e
capire che diverso non è sinonimo di sbagliato, è ciò che scatena il simbolo di
Joker, che ci porta direttamente al secondo punto.
ICONA
Si è discusso tanto sul fatto che
Joker potrebbe non essere Il Joker. Già il titolo del film suggerisce questo, e
a confermarlo sembrerebbe il divario di età tra il protagonista e il giovane
Bruce Wayne. Inoltre, seppur le storie del Joker del fumetto siano sempre
discordanti tra loro, questo inizio è molto diverso da ciò che conosciamo.
Arthur Fleck è probabilmente l’ispiratore del Joker, il precursore, colui che
ha risvegliato le masse dando vita a un movimento di rivolta a Gotham. Ma per
averne la certezza, dovremo aspettare, se mai si farà, un sequel del film.
LA FOTOGRAFIA DI PENNY
Dopo aver scoperto di essere stato
adottato da Penny, a questo punto del film descritta come folle e bugiarda, e
aver ucciso la donna soffocandola con un cuscino, Arthur guarda distrattamente
una fotografia della donna da giovane. Sul retro viene riportata una scritta di
apprezzamento del sorriso di lei, firmata T.W. (Thomas Wayne). Sembra un po’
strano ai fini della trama che Penny possa aver inscenato anche questo. Più
convincente, invece, risulterebbe vedere la fotografia come prova dell’ennesima
copertura dei potenti a favore degli emarginati: un figlio illegittimo, frutto
di un amore sbagliato agli occhi della società, diventa un problema e uno
scandalo da nascondere per non infangare il buon nome di Thomas Wayne.
Da qui
deriva il resto. E tornerebbe anche il succo del film che vuole Joker/Batman
strettamente correlati, seppur in opposizione. Se lo stesso sangue scorresse
nelle loro vene, sarebbe ancor più marcata la linea che allontana due parti
uguali (e costrette ad essere diverse) della società, con una vita alla luce
del sole, piena di ricchezza e potere per Bruce, e una vita nell’ombra e nell’indifferenza
per Arthur.
TEMPI MODERNI
Il film di Charlie Chaplin
proiettato sullo schermo per i ricchi del quartiere è fondamentale sotto due
aspetti. Il primo è il sorriso, fulcro
della vicenda di Arthur e, allo stesso tempo, passo importante nel finale del
film con protagonista Charlot. Sorridere sembra essere la chiave risolutiva a
tutti i mali, imposta dalla società. Proprio quel sorridere sempre porta Arthur
a una repressione del dolore e del pianto, che cerca di venir fuori ma viene
soffocato in una risata disperata.
Inoltre, Tempi Moderni raccontava la
trasformazione della società all’epoca dell’industrializzazione, la rivolta dei
lavoratori sostituiti dalle macchine, le condizioni estreme della catena di
montaggio. E ogni volta che il suo protagonista Charlot si trovava in
situazioni sconvenienti e paradossali (fino ad essere perfino rinchiuso in
carcere), lo sketch veniva raccontato con una dose di umorismo nei movimenti
che innescava sempre la risata dello spettatore. Tutto questo non può che farvi
pensare ad una frase del film: “ho sempre pensato che la mia vita fosse una
tragedia. Ora mi rendo conto che è sempre stata una commedia”. Ironico (per
noi) come il dolore degli altri possa farci ridere. Chaplin ha sempre giocato
su questo, e il film Joker ne ha colto sapientemente e sottilmente l’eredità.
1981
Zorro
the gay blade, ovvero il film in programmazione che viene mostrato durante
la rivolta finale, conferma il periodo di ambientazione temporale. Non è
l’unica cosa che viene mostrata sullo sfondo della sommossa: una denuncia alla
visione del sesso nella società moderna viene più volte puntualizzata, sia nei
cartelloni pubblicitari che dominano la città (con donnine svestite, per
intenderci e titoli inequivocabili), sia nelle tematiche riportate dai comici
per catturare il loro pubblico (Arthur scrive nel suo quaderno “le battute sul
sesso fanno sempre ridere”). Lui non capisce dove sia il divertimento, né il
perché questo aspetto della vita sia diventato così sporco e materialista. Gli
date torto?
CONCLUSIONI
Ci siamo chiesti perché Joker
spaventa l’Academy (generalizziamo con questo nome per indicare una fetta più
ampia di persone a disagio con la storia del film) e risulta sempre più evidente
che la risposta si trovi proprio nella domanda: è tutto accaduto nella mente di
Joker? Quel piccolo innesto, quella scintilla di consapevolezza che rimane dopo
la visione del film e che ti spinge a schierarti dalla parte del protagonista,
seppur consapevole dell’immoralità delle sue scelte, è ciò che spaventa alcuni.
Per questo dicevo che poco importa se precise vicende del film siano accadute
realmente o meno: ormai qualcosa in Arthur si è svegliato, la sicurezza di
esistere e di essere determinante esattamente quanto chiunque altro. Un
cittadino consapevole, istruito e non disposto ad accontentarsi di poco è
quanto di più pericoloso (per la società dei privilegiati) possa esistere,
perché inizierà a pretendere ciò che gli spetta.
Ora, è chiaro che nessuno
dovrebbe seguire l’esempio sullo schermo, niente violenza e nessuna uccisione.
Ma maturare la consapevolezza che esistiamo, che siamo uguali agli altri, che i
nostri diritti meritino rispetto, questo sì, dobbiamo portarlo con noi anche
fuori la sala.
Non preoccupatevi, per quanti possano scoraggiarvi, ce ne sono
molti altri che vi appoggiano, a iniziare da Todd Phillips, Joaquin Phoenix e
la Warner Bros. che hanno scelto di portare questa storia. Non hanno fatto
nulla di pericoloso, in quanto là fuori tutto quello che avete visto sullo
schermo esiste già, e da molto più tempo. Siamo i primi, però, a doverci
ricordare, quando incontriamo una persona che consideriamo diversa o imbarazzante, e
quando scegliamo di ignorarla, questa barzelletta: “cosa ottieni se metti
insieme un malato di mente solitario e una società che lo abbandona e lo tratta
come spazzatura? Ottieni quello che ti meriti”.
Siamo noi la società, non
dimentichiamolo!
Il film è indubbiamente emblematico dello stato della società moderna, ancora più emblematiche sono le varie reazioni spaventate "a priori" da parte di parecchi esperti per quella che alla fine non è altro che una pellicola cinematografica.
RispondiEliminaEsatto, se alcuni dichiarano di non essersi nemmeno presentati e poi criticano...come possiamo ascoltarli?;)
EliminaAnalisi interessantissima per un film, a mio dire, però meno coraggioso e sovversivo del previsto. Anzi, l'ho trovato abbastanza a modo. Come se Joker potesse essere cattivo, ma non troppo. Personalmente lo nominerei soltanto per Phoenix, straordinario, e per qualche lato del comparto tecnico. Ma la posizione dell'Academy è al solito vecchia e ingiustificabile: non è il film dannato che credono loro, purtroppo o per fortuna.
RispondiEliminaDà giusto quell'assaggio di cosa sarà, lasciando intravedere il caos a cui Arthur Fleck ha dato inizio! :D
EliminaAccidenti, che occhio, 😜 ipotesi molto intriganti, ma possibili, davvero una ottima analisi, 👍👍👍
RispondiEliminaGrazie! :D
EliminaCiao! Buona analisi, che in parte ho visto condivisa anche da altri. A me sinceramente interessano poco questi aspetti più o meno tecnici. Io mi baso sull'emozioni che ricevo e che colgo, e per me purtroppo non è un capolavoro, ma un film ben fatto, con un ottimo attore su un personaggio che non ha creato in me l'interesse sperato. Tutto questo lo avevo scritto nella mia recensione.
RispondiEliminaCiao! Il cinema deve essere soggettivo, altrimenti saremmo tutti uguali, quindi benvenga la tua opinione :D per quanto riguarda le emozioni, è giustissimo, l'arte punta a suscitare emozioni. Ma il lato tecnico in un film non si può tralasciare, regista, cast e crew lavorano molto per rendere perfetto il film anche da questo punto di vista, ed è giusto apprezzarlo. Grazie per aver letto ed espresso la tua opinione, sempre gradita!
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