la bizzarra e divertente famiglia Americana, compie 30 anni.
Un cartone animato che ha inaugurato un nuovo genere e fatto ridere milioni di spettatori in tutto il mondo. Avete capito di chi sto parlando? Ma ovviamente The Simpson
Un cartone animato che ha inaugurato un nuovo genere e fatto ridere milioni di spettatori in tutto il mondo. Avete capito di chi sto parlando? Ma ovviamente The Simpson
30 ANNI DI SIMPSON
Era il 19 Aprile 1989 quando i Simpsons entrarono per la prima volta nei salotti statunitensi. Si trattava del Tracey Ullman Show, il programma che portó sugli schermi l’idea avuta nel 1987 dal fumettista Matt Groening sotto
forma di cortometraggi dalla durata di 1 minuto. Da allora, le storie
incentrate su una strampalata e scorretta famiglia media americana
composta da Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie non
ci hanno più lasciato. Si trattava di un modo innovativo per raccontare
la societá americana: degli esseri umani a tutti gli effetti, con la
loro cittadina, piramide sociale, cultura, difetti, ma…dalla pelle
gialla. Il successo fu immediato, tanto che la Fox decise subito
di realizzare veri e propri episodi da inserire all’interno delle
stagioni. I Simpsons vantano tantissimi riconoscimenti, tra cui una
stella sulla Hollywood Walk of Fame, 23 Emmy Awards, 618
episodi andati in onda fino ad oggi, un lungometraggio, centinaia di
personaggi famosi che hanno voluto prestare la voce o addirittura farne
parte in versione animata.
Vantano perfino degli studi psicologici avvenuti per capire in toto i personaggi, la loro/nostra società e l’impatto che essi hanno. Che dire, non esistono altri cartoni del genere, e soprattutto non esiste un’altra famiglia come questa. Homer: buffo, goffo, ubriacone, padre e marito maldestro, non si tira indietro neanche quando la situazione non è decisamente di sua competenza, operaio del settore 7-G della centrale nucleare di Springfield, istintivo, pigro, ingenuo, goloso, impavido. Tante qualità tutte molto strane per essere parte di una persona sola, ma tutte insieme formano Homer, il nostro mito indiscusso, capace di farci ridere di cuore, di inventare battute rimaste nella storia e nel gergo comune, semplicemente il padre di tutte le serie animate.
Poi c’è Marge, la sua dolce metà, totalmente opposta a lui, ma con qualcosa di fondamentale che li tiene insieme: l’amore. Pazza di Homer, della sua follia – tranne quando lo portano a situazioni veramente pericolose – dell’impegno che mette per le cose importanti – anche se non sempre gli riesce. Marge è la donna non realizzata, l’artista che poteva avere una vita migliore, la casalinga incompresa che dedica la sua vita agli altri, dimenticandosi di essere una donna in gamba e desiderata. Però, sotto sotto, le va bene così; ama la sua famiglia, con tutti i loro difetti. Bart, così simile al papà, bulletto che si caccia sempre nei guai, che non ha rispetto delle figure autoritarie, iperattivo, bugiardo, combina guai. Sceglie il piú sfigato della scuola come suo migliore amico per apparire più figo, ha un cane che non lo rispetta – anche se gli vuole bene – deve essere sempre al centro della scena e la ricerca della popolarità è fondamentale. Lisa, ovvero colei che sembra stata adottata: totalmente diversa dalla sua famiglia, studiosa, colta, intelligente, buona, animalista, attivista, instancabile, artista; sembra essersi trovata lí per caso e aver acquisito quel pizzico di sadismo tipico dei Simpsons. Personaggio fondamentale che da sempre da equilibrio a tutta la serie. E alla fine c’è Maggie, per forza di cose autosufficiente (tranne quando è tra le braccia di mamma Marge), l’unica ad accorgersi di tutto molto prima del resto della famiglia.
Quante volte Maggie ha salvato la vita di Homer&Co.? Abbiamo perso il conto. Una famiglia descritta in totale opposizione dei vicini religiosi, i Flanders; e questa opposizione diventa uno degli spunti più belli della serie, regalando ricordi intramontabili a tutti noi. Poi c’è Apu, il venditore indiano presente in ogni store americano; Boe, il barista inacidito che dispensa consigli orribili; il reverendo Lovejoy, che sembra soltanto conoscere le scritture, ma non reincarnare del tutto il suo ruolo pastorale; il poliziotto mangia-ciambelle Winchester, ennesimo stereotipo – spesso riuscito, purtroppo – del ruolo dell’autorità nella nostra società; il sindaco Quimby, corrotto e provolone; Tony Ciccione, responsabile di tutti i lavori illegali nella città; Montgomery Burns, il capo che nessuno vorrebbe, ma che quasi tutti hanno. La lista è lunga, elencare tutti i personaggi così ben riusciti e la motivazione del loro successo potrebbe richiedere intere pagine. Quello che è certo, è che i Simpsons mantengono e vincono la sfida del tempo perché sono costruiti in modo impeccabile, raccontano una società che sembra evolversi, ma le cui radici sono immutabili.
Affrontano temi importanti di ogni genere, dalla religione (abbracciandole tutte attraverso i diversi personaggi), al bullismo, dalle diverse identitá sessuali alle adozioni, dai matrimonio tra persone dello stesso sesso alla follia omicida di un qualsiasi membro della società. E ci pone davanti a queste enormi tematiche ridicolizzando i gesti ottusi, le menti chiuse e condannando la superficialità delle istituzioni nel liquidare casi degni di attenzione. Sempre attuali, i Simpsons vantano un mix vincente: un po’ di follia, una buona scrittura, una forte struttura e un po’ di occhio lungo (tante volte hanno predetto fatti poi accaduti). E poi ognuno di noi si rivede un po’ in questa insana famiglia, forse prendendo un pó da ognuno di loro.
A dirla tutta, chi non vorrebbe ogni tanto essere più leggero nella vita quotidiana e vivere con piú spensieratezza e ironia? Auguro a Matt Groening di non perdere mai il suo genio creativo, di accompagnarci ancora per molti anni attraverso la sua/nostra famiglia gialla, di offrirci dei punti di riflessione per una societá degenerata e di continuare a strapparci 20 minuti di risate a puntata!
Vantano perfino degli studi psicologici avvenuti per capire in toto i personaggi, la loro/nostra società e l’impatto che essi hanno. Che dire, non esistono altri cartoni del genere, e soprattutto non esiste un’altra famiglia come questa. Homer: buffo, goffo, ubriacone, padre e marito maldestro, non si tira indietro neanche quando la situazione non è decisamente di sua competenza, operaio del settore 7-G della centrale nucleare di Springfield, istintivo, pigro, ingenuo, goloso, impavido. Tante qualità tutte molto strane per essere parte di una persona sola, ma tutte insieme formano Homer, il nostro mito indiscusso, capace di farci ridere di cuore, di inventare battute rimaste nella storia e nel gergo comune, semplicemente il padre di tutte le serie animate.
Poi c’è Marge, la sua dolce metà, totalmente opposta a lui, ma con qualcosa di fondamentale che li tiene insieme: l’amore. Pazza di Homer, della sua follia – tranne quando lo portano a situazioni veramente pericolose – dell’impegno che mette per le cose importanti – anche se non sempre gli riesce. Marge è la donna non realizzata, l’artista che poteva avere una vita migliore, la casalinga incompresa che dedica la sua vita agli altri, dimenticandosi di essere una donna in gamba e desiderata. Però, sotto sotto, le va bene così; ama la sua famiglia, con tutti i loro difetti. Bart, così simile al papà, bulletto che si caccia sempre nei guai, che non ha rispetto delle figure autoritarie, iperattivo, bugiardo, combina guai. Sceglie il piú sfigato della scuola come suo migliore amico per apparire più figo, ha un cane che non lo rispetta – anche se gli vuole bene – deve essere sempre al centro della scena e la ricerca della popolarità è fondamentale. Lisa, ovvero colei che sembra stata adottata: totalmente diversa dalla sua famiglia, studiosa, colta, intelligente, buona, animalista, attivista, instancabile, artista; sembra essersi trovata lí per caso e aver acquisito quel pizzico di sadismo tipico dei Simpsons. Personaggio fondamentale che da sempre da equilibrio a tutta la serie. E alla fine c’è Maggie, per forza di cose autosufficiente (tranne quando è tra le braccia di mamma Marge), l’unica ad accorgersi di tutto molto prima del resto della famiglia.
Quante volte Maggie ha salvato la vita di Homer&Co.? Abbiamo perso il conto. Una famiglia descritta in totale opposizione dei vicini religiosi, i Flanders; e questa opposizione diventa uno degli spunti più belli della serie, regalando ricordi intramontabili a tutti noi. Poi c’è Apu, il venditore indiano presente in ogni store americano; Boe, il barista inacidito che dispensa consigli orribili; il reverendo Lovejoy, che sembra soltanto conoscere le scritture, ma non reincarnare del tutto il suo ruolo pastorale; il poliziotto mangia-ciambelle Winchester, ennesimo stereotipo – spesso riuscito, purtroppo – del ruolo dell’autorità nella nostra società; il sindaco Quimby, corrotto e provolone; Tony Ciccione, responsabile di tutti i lavori illegali nella città; Montgomery Burns, il capo che nessuno vorrebbe, ma che quasi tutti hanno. La lista è lunga, elencare tutti i personaggi così ben riusciti e la motivazione del loro successo potrebbe richiedere intere pagine. Quello che è certo, è che i Simpsons mantengono e vincono la sfida del tempo perché sono costruiti in modo impeccabile, raccontano una società che sembra evolversi, ma le cui radici sono immutabili.
Affrontano temi importanti di ogni genere, dalla religione (abbracciandole tutte attraverso i diversi personaggi), al bullismo, dalle diverse identitá sessuali alle adozioni, dai matrimonio tra persone dello stesso sesso alla follia omicida di un qualsiasi membro della società. E ci pone davanti a queste enormi tematiche ridicolizzando i gesti ottusi, le menti chiuse e condannando la superficialità delle istituzioni nel liquidare casi degni di attenzione. Sempre attuali, i Simpsons vantano un mix vincente: un po’ di follia, una buona scrittura, una forte struttura e un po’ di occhio lungo (tante volte hanno predetto fatti poi accaduti). E poi ognuno di noi si rivede un po’ in questa insana famiglia, forse prendendo un pó da ognuno di loro.
A dirla tutta, chi non vorrebbe ogni tanto essere più leggero nella vita quotidiana e vivere con piú spensieratezza e ironia? Auguro a Matt Groening di non perdere mai il suo genio creativo, di accompagnarci ancora per molti anni attraverso la sua/nostra famiglia gialla, di offrirci dei punti di riflessione per una societá degenerata e di continuare a strapparci 20 minuti di risate a puntata!
Li vedo sempre quando capitano in tv, anche se alcune puntate le avrò viste dieci volte, perché mi fanno ridere ogni volta, 30 anni non sono pochi e bisogna darne atto che questo è già impareggiabile ;)
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