“Forse la pandemia non è venuta a caso, ti porta a riflettere su quanto sia preziosa l’aria che respiriamo gratis per tutta la vita proprio quando qualcuno è su un letto d’ospedale e ha bisogno dell’ossigeno che noi abbiamo sempre avuto “così”. E quel “così” ti fa pensare che devi essere grato a qualcuno che ti dà tutto questo”. Parla Andrea Roncato, che tra ricordi, pensieri e riflessioni, si dimostra non solo un grande artista per come tutti lo conosciamo, ma anche una persona incredibilmente trasparente e vera.
LE ACCHIAPPAVIP... ANDREA RONCATO
Quale progetto, film o evento legato alla tua carriera ricordi con maggiore affetto e perché?
Me li ricordo tutti bene, quelli belli e quelli brutti. Se dovessi dire un film che mi è rimasto particolarmente “attaccato”, direi “Qua la mano” di Pasquale Festa Campanile. Era una particina insieme ad Adriano Celentano, ma era la mia prima esperienza sul set, e il fatto di cominciare a fare film con un mostro sacro è stato per me molto emozionante. Poi sicuramente ci sono film che sono andati molto bene, come “L’allenatore nel pallone” e “Mezzo destro mezzo sinistro” di Sergio Martino, “I pompieri” di Neri Parenti; sono anche affezionato a “Ne parliamo lunedì” di Luciano Odorisio, con Elena Sofia Ricci. Vinse il David di Donatelllo, è un film meraviglioso ed è stato un nuovo modo di fare cinema per me. Ho lavorato anche con Muccino, anche lui grandissimo. Mi sono messo a fare film comici, serie, fiction e tante altre cose che hanno cambiato il mio modo di recitare: quando fai il comico non fai esattamente l’attore, perché non hai un ruolo diverso in ogni film. Cambiando genere ho sperimentato, il pubblico così non si è stancato. Ma sottolineo che non è facile fare il comico: per fare ridere bisogna essere in grado di far piangere.
Gigi e Andrea, una tappa fondamentale nel tuo percorso. Com’è nato questo indimenticabile duo?
È nato per caso, perché io e Gigi eravamo vicini di casa, della stessa parrocchia, andavamo a giocare a pallacanestro insieme e non ci siamo mai persi di vista crescendo. Avevamo la passione della musica, io suonavo l’organo e lui la chitarra; mettemmo su un gruppo musicale che si chiamava I ragazzi della nebbia, poi cominciammo a inserire qualche sketch, poi a esibirci nei locali. Grazie a Francesco Guccini iniziammo a fare cabaret, e in Emilia Romagna la gente, a un certo punto, ci conosceva. Finché Sandra Mondaini ci prese per tre anni a fare le serate in tutta Italia e poi ci buttò in televisione con “Io e la befana”. Però prima di arrivarci abbiamo studiato musica e recitazione, dieci anni di spettacolo in giro e gavetta. Adesso purtroppo si pensa che basti poco per fare questo lavoro, ma non è così: si deve studiare, fare spettacoli, imparare a cantare, conoscere le lingue, e mille cose ancora. Anche perché, specialmente adesso se vuoi far l’attore, devi sapere almeno anche l’inglese e il francese. Io stesso lavorando ne “La mitomane” per Netflix ho dovuto recitare in francese. L’attore deve saper fare tutto, perché più cose si sanno fare più possibilità si hanno di lavorare.
Il cinema italiani degli anni ’80-’90, quello a cui tutti siamo ancora affezionati, è molti diverso da quello di oggi. Come e perché?
Per me era proprio diversa l’atmosfera di allora: il cinema andava molto di più, c’erano meno problemi di soldi, ci si divertiva. Io ricordo che una volta le discoteche contenevano migliaia di persone ogni sera, anche durante la settimana, e verso mezzanotte c’era lo spettacolo. Anche le sale cinematografiche non erano multisala, contenevano mille persone, non trenta a sala. Era proprio un altro modo di vivere, in cui cercavi di dimostrare chi eri tu, non chi avresti voluto essere. Mille foto sui social, follower, like: ti senti appagato così, ma in realtà vai a vedere perché sei così seguito… forse perché hai il lato b di fuori? Pure ritoccato, se non ti piace com’è venuto! Però, alla fine, si va avanti con cervello e talento. Purtroppo il telefonino ha portato a una conoscenza ampia ma ridotta, si cerca tutto su internet e non rimane nella mente, perché tanto ogni cosa è a portata di click. Noi invece dovevano imparare tutto, dalle tabelline alle capitali. Ci sono molte persone che vogliono fare gli attori e non sanno chi è Marlon Brando, giustificandosi con “eh, ma è morto quando io ancora non c’ero”. Anche Garibaldi è morto quando io non c’ero, però so chi è!
Se potessi, cosa riporteresti indietro da un passato un po’ dimenticato e, viceversa, cosa allontaneresti volentieri da ciò che abbiamo oggi?
Porterei la voglia di divertirsi, di vivere. C’era più sorriso sulla bocca della gente 20 o 30 anni fa, riporterei questo. Una cosa te la sudavi di più e la apprezzavi di più, aveva più valore. Forse la pandemia non è venuta a caso, ti porta a riflettere su quanto sia preziosa l’aria che respiriamo gratis per tutta la vita proprio quando qualcuno è su un letto d’ospedale e ha bisogno dell’ossigeno che noi abbiamo sempre avuto “così”. E quel “così” ti fa pensare che devi essere grato a qualcuno che ti dà tutto questo. La gente si risolleverà, come ha sempre fatto, così come l’economia. Ma è importante vedere come ci ha uniti. Siamo abituati a massacrare la Natura, e lei ci ha fatto capire che non siamo i padroni del mondo, ma ospiti, e dobbiamo ricordarlo sempre. Forse una volta eravamo più consapevoli di quanto fosse importante andare al mare, in montagna, a cena con gli amici: era un evento mangiare al ristorante, ora è quasi quotidianità. Quindi riporterei indietro il saper apprezzare tante cose. Ricordo quando dovevo andare a cercare la scatola piena di gettoni per chiamare qualcuno, adesso basta un telefonino. È una grande invenzione, ma massacrante per i rapporti umani. Porta all’allontanamento quando inizi a fare le cose attraverso uno schermo e non di persona.
Sei un amante degli animali e hai costruito un rifugio per loro: cosa vorresti dire sul tema degli animali che, purtroppo, li vede spesso protagonisti di storie tutt’altro che piacevoli?
Questa è un’altra cattiveria che fa l’uomo, gli animali purtroppo sono sempre nostre vittime. Vanno rispettati, come la Natura. Quando vedo gli annunci di cani abbandonati li condivido sui miei social, spero di aumentare le probabilità che quel post venga visto e l’animale adottato. Sono testimonial di una società che si chiama A.S.T.A., e col progetto “Dopo di me” aiutiamo gli anziani affezionati ai loro animali ad avere sempre croccantini disponibili e passeggiate assicurate anche quando loro non ce la fanno. Allo stesso tempo sono preoccupati sul dopo, su chi si prenderà cura dei loro amici a quattro zampe quando loro non ci saranno più; e noi ci preoccupiamo di fargli sapere che il loro cane andrà a un altro anziano, non sarà mai solo. Spesso un animale per loro è tutto, ricevono l’affetto e la compagnia che a volte nessun altro gli dà...
Se non avessi fatto l’attore, cosa avresti voluto fare?
L’attore! Io non ho mai fatto altro che esibirmi, da quando ero bambino e recitavo davanti a mia nonna a quando suonavo l’organo in chiesa. Cantavo in un coro, ho messo su un gruppo musicale, ho fatto commedie in parrocchia, spettacoli, tutto per esibirmi. La mia vita è sempre stata questa, ho anche fatto l’Università e ho studiato, ma non mi sono mai visto fuori dal palcoscenico.
Facciamo un piccolo giochino… sei un regista, fai il tuo cast
Prima si deve decidere il genere, perché gli attori vanno adattati al tipo di film. Attori bravi in Italia ne abbiamo tanti, da Borghi, Favino, Mastrandrea, Giannini, Ricci, Ramazzotti. Però ognuno di loro, secondo me, darebbe il massimo in un determinato film; sarebbero sicuramente bravi lo stesso e in tutto, ma ognuno spicca in ciò che è più nelle proprie corde. Purtroppo spesso gli attori vengono scelti in base alla distribuzione, alla popolarità tra il pubblico. Poi adesso le commedie italiane sono quasi tutte in romanesco, mentre prima lo stesso Sordi parlava italiano e poi lanciava la battuta in romano. Si rischia di essere troppo regionali, parlando di fatti locali o proponendo battute che possono non interessare fuori da Roma. È una pecca, perché escono pochi film con sempre gli stessi attori: la programmazione è piena di titoli diversi che apparentemente sembrano uguali, e non va bene. Il romanesco mi piace molto e mi fa ridere, ma si deve spaziare. Una volta sceglievano gli attori per la commedia all’italiana in modo che tutte le regioni fossero coperte, c’erano tutti.
Hai scritto un libro intitolato “Avrei voluto”. Puoi dirmi tre buoni motivi per cui il libro andrebbe letto?
Prima di tutto perché è bello! Poi perché è vero, non è un libro scritto ma sentito. Io scrivo spesso, tutto ciò che mi viene in mente. Il libro viene da varie pagine che avevo sul computer, scritte in seguito a qualcosa che mi commuoveva in tv, a un ricordo, a fatti e persone che avevo incontrato, al mio lavoro. Ed è tutto intramezzato da poesie. Le scrivevo spesso, non da scrittore, ma da Andrea Roncato. Si chiama “Avrei voluto” perché parlo anche della mia vita, delle donne, delle cose brutte che ho fatto fare; tra queste un aborto e il rimorso di ciò che avevo fatto. L’ultima poesia è dedicata a un bambino ipotetico che non ho voluto ai tempi, e il rimorso di questa cosa è nell’ultima poesia. Come tutto quello di cui ci pentiamo quando ci rendiamo conto delle cose importanti che abbiamo buttato via nella nostra vita.
So che insegni recitazione: è più facile insegnare ai ragazzi o agli adulti?
È più bello insegnare ai ragazzi perché impari anche tu cose insegnando a loro. Non è il mio mestiere, ma dopo 40 anni di recitazione qualcosa la so, ed è bello trasmetterla a loro. Gli adulti invece sono più portati a insegnare, o forse credono che tu non hai nulla da insegnare. Ma è sbagliato, perché ognuno vive e sente in modo diverso. Tutti possiamo essere insegnanti degli altri, offrire la nostra esperienza.
Visto il periodo, ti chiedo qualche consiglio per affrontare la quarantena! Qual è la tua routine quotidiana?
Io sono molto fortunato perché vivo in campagna, ho il giardino pieno di piante, prendo un po’ di sole, sto all’aria aperta. Quando cerco una casa, il giardino è la prima cosa che guardo: la casa può anche essere 50mq, ma il giardino deve esserci, perché sono nato in campagna. Vivo con mia moglie, anche lei ha la passione degli animali, infatti abbiamo quattro cani, due gatti, un coniglio, un tacchino, un gallo, due galline e due cavalli. Non sono certo solo!
Me li ricordo tutti bene, quelli belli e quelli brutti. Se dovessi dire un film che mi è rimasto particolarmente “attaccato”, direi “Qua la mano” di Pasquale Festa Campanile. Era una particina insieme ad Adriano Celentano, ma era la mia prima esperienza sul set, e il fatto di cominciare a fare film con un mostro sacro è stato per me molto emozionante. Poi sicuramente ci sono film che sono andati molto bene, come “L’allenatore nel pallone” e “Mezzo destro mezzo sinistro” di Sergio Martino, “I pompieri” di Neri Parenti; sono anche affezionato a “Ne parliamo lunedì” di Luciano Odorisio, con Elena Sofia Ricci. Vinse il David di Donatelllo, è un film meraviglioso ed è stato un nuovo modo di fare cinema per me. Ho lavorato anche con Muccino, anche lui grandissimo. Mi sono messo a fare film comici, serie, fiction e tante altre cose che hanno cambiato il mio modo di recitare: quando fai il comico non fai esattamente l’attore, perché non hai un ruolo diverso in ogni film. Cambiando genere ho sperimentato, il pubblico così non si è stancato. Ma sottolineo che non è facile fare il comico: per fare ridere bisogna essere in grado di far piangere.
Gigi e Andrea, una tappa fondamentale nel tuo percorso. Com’è nato questo indimenticabile duo?
È nato per caso, perché io e Gigi eravamo vicini di casa, della stessa parrocchia, andavamo a giocare a pallacanestro insieme e non ci siamo mai persi di vista crescendo. Avevamo la passione della musica, io suonavo l’organo e lui la chitarra; mettemmo su un gruppo musicale che si chiamava I ragazzi della nebbia, poi cominciammo a inserire qualche sketch, poi a esibirci nei locali. Grazie a Francesco Guccini iniziammo a fare cabaret, e in Emilia Romagna la gente, a un certo punto, ci conosceva. Finché Sandra Mondaini ci prese per tre anni a fare le serate in tutta Italia e poi ci buttò in televisione con “Io e la befana”. Però prima di arrivarci abbiamo studiato musica e recitazione, dieci anni di spettacolo in giro e gavetta. Adesso purtroppo si pensa che basti poco per fare questo lavoro, ma non è così: si deve studiare, fare spettacoli, imparare a cantare, conoscere le lingue, e mille cose ancora. Anche perché, specialmente adesso se vuoi far l’attore, devi sapere almeno anche l’inglese e il francese. Io stesso lavorando ne “La mitomane” per Netflix ho dovuto recitare in francese. L’attore deve saper fare tutto, perché più cose si sanno fare più possibilità si hanno di lavorare.
Il cinema italiani degli anni ’80-’90, quello a cui tutti siamo ancora affezionati, è molti diverso da quello di oggi. Come e perché?
Per me era proprio diversa l’atmosfera di allora: il cinema andava molto di più, c’erano meno problemi di soldi, ci si divertiva. Io ricordo che una volta le discoteche contenevano migliaia di persone ogni sera, anche durante la settimana, e verso mezzanotte c’era lo spettacolo. Anche le sale cinematografiche non erano multisala, contenevano mille persone, non trenta a sala. Era proprio un altro modo di vivere, in cui cercavi di dimostrare chi eri tu, non chi avresti voluto essere. Mille foto sui social, follower, like: ti senti appagato così, ma in realtà vai a vedere perché sei così seguito… forse perché hai il lato b di fuori? Pure ritoccato, se non ti piace com’è venuto! Però, alla fine, si va avanti con cervello e talento. Purtroppo il telefonino ha portato a una conoscenza ampia ma ridotta, si cerca tutto su internet e non rimane nella mente, perché tanto ogni cosa è a portata di click. Noi invece dovevano imparare tutto, dalle tabelline alle capitali. Ci sono molte persone che vogliono fare gli attori e non sanno chi è Marlon Brando, giustificandosi con “eh, ma è morto quando io ancora non c’ero”. Anche Garibaldi è morto quando io non c’ero, però so chi è!
Se potessi, cosa riporteresti indietro da un passato un po’ dimenticato e, viceversa, cosa allontaneresti volentieri da ciò che abbiamo oggi?
Porterei la voglia di divertirsi, di vivere. C’era più sorriso sulla bocca della gente 20 o 30 anni fa, riporterei questo. Una cosa te la sudavi di più e la apprezzavi di più, aveva più valore. Forse la pandemia non è venuta a caso, ti porta a riflettere su quanto sia preziosa l’aria che respiriamo gratis per tutta la vita proprio quando qualcuno è su un letto d’ospedale e ha bisogno dell’ossigeno che noi abbiamo sempre avuto “così”. E quel “così” ti fa pensare che devi essere grato a qualcuno che ti dà tutto questo. La gente si risolleverà, come ha sempre fatto, così come l’economia. Ma è importante vedere come ci ha uniti. Siamo abituati a massacrare la Natura, e lei ci ha fatto capire che non siamo i padroni del mondo, ma ospiti, e dobbiamo ricordarlo sempre. Forse una volta eravamo più consapevoli di quanto fosse importante andare al mare, in montagna, a cena con gli amici: era un evento mangiare al ristorante, ora è quasi quotidianità. Quindi riporterei indietro il saper apprezzare tante cose. Ricordo quando dovevo andare a cercare la scatola piena di gettoni per chiamare qualcuno, adesso basta un telefonino. È una grande invenzione, ma massacrante per i rapporti umani. Porta all’allontanamento quando inizi a fare le cose attraverso uno schermo e non di persona.
Sei un amante degli animali e hai costruito un rifugio per loro: cosa vorresti dire sul tema degli animali che, purtroppo, li vede spesso protagonisti di storie tutt’altro che piacevoli?
Questa è un’altra cattiveria che fa l’uomo, gli animali purtroppo sono sempre nostre vittime. Vanno rispettati, come la Natura. Quando vedo gli annunci di cani abbandonati li condivido sui miei social, spero di aumentare le probabilità che quel post venga visto e l’animale adottato. Sono testimonial di una società che si chiama A.S.T.A., e col progetto “Dopo di me” aiutiamo gli anziani affezionati ai loro animali ad avere sempre croccantini disponibili e passeggiate assicurate anche quando loro non ce la fanno. Allo stesso tempo sono preoccupati sul dopo, su chi si prenderà cura dei loro amici a quattro zampe quando loro non ci saranno più; e noi ci preoccupiamo di fargli sapere che il loro cane andrà a un altro anziano, non sarà mai solo. Spesso un animale per loro è tutto, ricevono l’affetto e la compagnia che a volte nessun altro gli dà...
Se non avessi fatto l’attore, cosa avresti voluto fare?
L’attore! Io non ho mai fatto altro che esibirmi, da quando ero bambino e recitavo davanti a mia nonna a quando suonavo l’organo in chiesa. Cantavo in un coro, ho messo su un gruppo musicale, ho fatto commedie in parrocchia, spettacoli, tutto per esibirmi. La mia vita è sempre stata questa, ho anche fatto l’Università e ho studiato, ma non mi sono mai visto fuori dal palcoscenico.
Facciamo un piccolo giochino… sei un regista, fai il tuo cast
Prima si deve decidere il genere, perché gli attori vanno adattati al tipo di film. Attori bravi in Italia ne abbiamo tanti, da Borghi, Favino, Mastrandrea, Giannini, Ricci, Ramazzotti. Però ognuno di loro, secondo me, darebbe il massimo in un determinato film; sarebbero sicuramente bravi lo stesso e in tutto, ma ognuno spicca in ciò che è più nelle proprie corde. Purtroppo spesso gli attori vengono scelti in base alla distribuzione, alla popolarità tra il pubblico. Poi adesso le commedie italiane sono quasi tutte in romanesco, mentre prima lo stesso Sordi parlava italiano e poi lanciava la battuta in romano. Si rischia di essere troppo regionali, parlando di fatti locali o proponendo battute che possono non interessare fuori da Roma. È una pecca, perché escono pochi film con sempre gli stessi attori: la programmazione è piena di titoli diversi che apparentemente sembrano uguali, e non va bene. Il romanesco mi piace molto e mi fa ridere, ma si deve spaziare. Una volta sceglievano gli attori per la commedia all’italiana in modo che tutte le regioni fossero coperte, c’erano tutti.
Hai scritto un libro intitolato “Avrei voluto”. Puoi dirmi tre buoni motivi per cui il libro andrebbe letto?
Prima di tutto perché è bello! Poi perché è vero, non è un libro scritto ma sentito. Io scrivo spesso, tutto ciò che mi viene in mente. Il libro viene da varie pagine che avevo sul computer, scritte in seguito a qualcosa che mi commuoveva in tv, a un ricordo, a fatti e persone che avevo incontrato, al mio lavoro. Ed è tutto intramezzato da poesie. Le scrivevo spesso, non da scrittore, ma da Andrea Roncato. Si chiama “Avrei voluto” perché parlo anche della mia vita, delle donne, delle cose brutte che ho fatto fare; tra queste un aborto e il rimorso di ciò che avevo fatto. L’ultima poesia è dedicata a un bambino ipotetico che non ho voluto ai tempi, e il rimorso di questa cosa è nell’ultima poesia. Come tutto quello di cui ci pentiamo quando ci rendiamo conto delle cose importanti che abbiamo buttato via nella nostra vita.
So che insegni recitazione: è più facile insegnare ai ragazzi o agli adulti?
È più bello insegnare ai ragazzi perché impari anche tu cose insegnando a loro. Non è il mio mestiere, ma dopo 40 anni di recitazione qualcosa la so, ed è bello trasmetterla a loro. Gli adulti invece sono più portati a insegnare, o forse credono che tu non hai nulla da insegnare. Ma è sbagliato, perché ognuno vive e sente in modo diverso. Tutti possiamo essere insegnanti degli altri, offrire la nostra esperienza.
Visto il periodo, ti chiedo qualche consiglio per affrontare la quarantena! Qual è la tua routine quotidiana?
Io sono molto fortunato perché vivo in campagna, ho il giardino pieno di piante, prendo un po’ di sole, sto all’aria aperta. Quando cerco una casa, il giardino è la prima cosa che guardo: la casa può anche essere 50mq, ma il giardino deve esserci, perché sono nato in campagna. Vivo con mia moglie, anche lei ha la passione degli animali, infatti abbiamo quattro cani, due gatti, un coniglio, un tacchino, un gallo, due galline e due cavalli. Non sono certo solo!
ANDREA RONCATO
Ha dato vita con Gigi Sammarchi al duo Gigi e Andrea, che dopo alcune apparizioni televisive, divenne una delle coppie più conosciute del cinema italiano, soprattutto per il loro stile scanzonato e irriverente. Con l'amico e collega è stato anche, negli anni Ottanta, testimonial per la Agip Petroli e della Autobianchi Y10 4WD. Dopo l'esperienza in coppia con Sammarchi, Andrea Roncato prosegue la propria carriera recitando come solista in varie pellicole di successo, su tutte spiccano i cinepanettoni natalizi con Boldi e De Sica, Fantozzi subisce ancora di Neri Parenti (1983) e Rimini Rimini di Sergio Corbucci (1987).
Dal 2002 al 2008 interpreta l'appuntato Romanò nella serie televisiva Carabinieri di Canale 5 (7 stagioni).
Nel 2008 partecipa al film Ho ammazzato Berlusconi e nello stesso anno viene pubblicato il suo libro Ti avrei voluto dalla casa editrice Excelsior1881. L'anno seguente partecipa come concorrente al reality show di Rai 1 Ballando con le stelle. Il 14 gennaio 2018 partecipa ad una puntata de I soliti ignoti, varietà pre-serale condotto da Amadeus su Rai Uno.
Oltre ad attore, presentatore e doppiatore, Andrea è insegnante di recitazione. È stato direttore artistico in alcune discoteche e in varie manifestazioni a scopo benefico, promotore della campagna "SOS Foca Monaca" e della campagna di sensibilizzazione raccolta delle deiezioni dei cani a Fabriano, ambasciatore nel mondo per la difesa dei bambini disabili.
Grande amante degli animali, in special modo dei cani, è riuscito nell'intento di allestire un rifugio apposito per i randagi. Ne possiede due, un setter di nome Padberg e un cane lupo cecoslovacco, Tullio.
Nel 2007 viene nominato Cavaliere di Malta.
&
Bellissima intervista, complimenti!
RispondiEliminaRoncato nell'allenatore nel pallone è efficace nella parte del procuratore maneggione, mentre in "Mezzo Destro Mezzo Sinistro", nella parte del protagonista, non mi ha affatto convinto, non solo perché non ha comunque il fisico da calciatore quasi 40enne, ma proprio in generale per il tipo di film, che poi finisce per essere una commedia stile bomber (ma senza Bud Spencer).
L'ultima volta che ho visto Roncato in un film è stato nel Piccolo Diavolo. Fa una piccola parte, ma recita con grande dedizione.
Secondo me avrebbe dovuto fare qualche parte drammatica in più!
Bella intervista... non ho visto molti suoi film ma ricordo con piacere i pompieri e l'allenatore nel pallone... complimenti
RispondiEliminaBell'acchiappo... negli anni ha dimostrato di saper fare diversi ruoli e di farli bene
RispondiEliminaSiamo cresciuti con Andrea Roncato, un comico genuino, che faceva ridere anche con poco, bella intervista ;)
RispondiEliminaChe bella intervista, Andrea Roncato lo ricordo nei film di quando ero più giovane. Mi ha colpito scoprire la gavetta e la preparazione che richiede il lavoro di un comico che in apparenza può sembrare semplice.
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