È ormai passato un mese dal rilascio ufficiale della quarta stagione de La casa di carta su Netflix ed è giunto il momento di tirare le somme.
Se le prime due stagioni della serie ci hanno tenuti incollati allo schermo a fare il tifo per il Professore e la sua banda, con ritmi alti e colpi di scena degni di nota, della terza, ma soprattutto di quest’ultima stagione non si sentiva proprio il bisogno. Il desiderio di cavalcare l’onda del successo ottenuto con il primo colpo alla Zecca di Spagna ha spinto verso una trama dagli evidenti buchi narrativi, forzata e che vira con decisione al trash.
Se le prime due stagioni della serie ci hanno tenuti incollati allo schermo a fare il tifo per il Professore e la sua banda, con ritmi alti e colpi di scena degni di nota, della terza, ma soprattutto di quest’ultima stagione non si sentiva proprio il bisogno. Il desiderio di cavalcare l’onda del successo ottenuto con il primo colpo alla Zecca di Spagna ha spinto verso una trama dagli evidenti buchi narrativi, forzata e che vira con decisione al trash.
Scheda Serie TV
La storia narra gli sviluppi di una rapina estremamente ambiziosa e originale: irrompere nella Fábrica Nacional de Moneda y Timbre, a Madrid, far stampare migliaia di milioni di banconote e scappare con il bottino. L'ideatore di questa impresa è un uomo conosciuto come "il Professore". Il reclutamento di ogni singolo membro della squadra non è affatto casuale: il Professore, infatti, seleziona attentamente un gruppo di individui con precedenti penali, i quali, per motivi di estrazione sociale, non hanno nulla da perdere. Ciascun membro durante la rapina agisce vestito di rosso con una maschera del pittore spagnolo Salvador Dalí.
Considerato il divieto di rivelare la propria identità, a ciascun componente della banda viene assegnato il nome di una città: Tokyo, Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Helsinki e Oslo. Non solo le identità devono rimanere celate, ma ai fini della professionalità viene anche proibito di instaurare relazioni personali o sentimentali. I protagonisti si nascondono per cinque mesi in una vastissima tenuta di caccia abbandonata nelle campagne di Toledo per prepararsi adeguatamente, facendo tutte le simulazioni necessarie per affrontare qualsiasi possibile imprevisto. La ragazza soprannominata Tokyo è la voce narrante che commenta le diverse dinamiche della vicenda.
RECENSIONE
A nulla vale la morte di uno dei personaggi più cari al pubblico, a
proposito della quale ho letto commenti del calibro di “è come se avessi
perso un parente” o “ho pianto talmente tanto da chiudere tutto per la
rabbia”. La squadra del professore, quindi, vince ma non convince. Non
del tutto perlomeno.
Ma facciamo un passo indietro: alla fine della seconda stagione avevamo
lasciato la banda orfana di tre elementi, tra cui Berlino, ma fuori
della Zecca di Spagna. I rapinatori, ormai milionari, erano stati divisi
in coppie dal Professore e mandati in varie parti del mondo,
rigorosamente in luoghi dove non vigesse l’estradizione. Dunque, cos’è
potuto andare storto? Il successo. Sì, perché il successo della serie ha
spinto Netflix a riaprire la questione.
Nel 2019, infatti, la terza stagione esordiva nel più improbabile dei modi, ovvero con l’ennesimo disastro combinato dalla testa calda del gruppo, la bella Tokyo. Proprio colei che aveva già rischiato di mandare in fumo la prima rapina ha rimesso in gioco tutti i protagonisti per un ennesimo colpo, questa volta alla Banca di Spagna. Le premesse, l’ho anticipato, non erano delle migliori, ma l’evoluzione della storia è stata persino peggiore delle attese.
Se le prime due stagioni, pur con degli svarioni perdonabili, contenevano delle vicende coerenti e conclusive, questa seconda rapina minaccia di diventare una soap-opera dal gusto amaro. Al termine della quarta stagione non si intravede, infatti, la parola fine per un colpo che corre il rischio concreto di scadere nel ridicolo, con svolte di trama inverosimili e personaggi spuntati dal nulla come funghi. Un vero peccato per i fan che, come me, hanno davvero apprezzato la prima parte della storia.
E ora, il consueto angolo delle curiosità:
- Gli episodi sono stati girati in ordine e gli attori hanno ricevuto di volta in volta la sceneggiatura che gli occorreva per le riprese, quindi neppure loro erano a conoscenza di che fine avrebbero fatto i rispettivi personaggi. Álvaro Morte (Il Professore) ha raccontato come i membri del cast si inviassero messaggi carichi di entusiasmo a ogni copione ricevuto.
- La tipica risata di Denver era scritta sulla sceneggiatura prima ancora che Jaime Lorente venisse scritturato per la parte. Il copione indicava semplicemente “risata volgare” e ogni attore che si è sottoposto al provino l’ha interpretata a modo suo.
- Il personaggio di Tokyo, dal taglio di capelli allo stille di abbigliamento, è ispirato al personaggio di Mathilda (Natalie Portman) nel film Léon.
- In origine, tutti i rapinatori avrebbero dovuto avere malattie terminali. Non avere nulla da perdere avrebbe dato loro la motivazione necessaria a riunirsi per il colpo.
- Quando Nairobi si lamenta con Berlino che ha sparato a qualcuno invece di “tagliargli un orecchio come nei film”, il film a cui si riferisce è Le iene di Tarantino.
Io ho apprezzato molto di più le prime due parti rispetto alla terza e alla quarta, ma ormai penso che continuerò a guardarla perchè la curiosità c'è!
RispondiEliminaSono d'accordo, purché non esagerino com'è stato per The walking dead, che alla fine ha perso parecchio seguito.
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