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INTERVISTANDO... ROBERTO TUROLLA

Buongiorno readers,
oggi vi propongo una bellissima chiaccherata avvenuta con l'autore del libro "Volley, sempre volley, fortissimamente volley" di Roberto Turolla edito Golem Edizioni

 
Ciao Roberto prima di tutto benvenuto nel mio piccolo spazio virtuale e partiamo subito con la domanda di rito…Chi è Roberto Turolla e cosa fa nella vita oltre che a scrivere…
Studio chitarra classica da quindici anni, e per mio piacere personale suono anche l’elettrica. Inoltre da qualche mese a questa parte ho iniziato un corso di chitarra jazz manouche. Adoro il volley così tanto da credere che sia il re di tutti gli sport. Quando posso vado a vedere le partite, a modo mio, con le orecchie e l'immaginazione, altrimenti lo seguo alla radio o in tv. Sono un indefesso consumatore di radio, in particolare di radiocronache sportive. Come se non bastasse ascolto musica dal 1200 fino a oggi, leggo molto, e sono appassionato di cinema e doppiaggio. Faccio pilates, e un’ora di cyclette ogni mattina per tenermi in forma.  
 
Come è nata l’idea di scrivere questo saggio umoristico: “Volley, sempre volley, fortissimamente volley”?
Alla cieca, naturalmente, come ogni buona idea che si rispetti. E fra quelle buone, questa è stata senza dubbio la migliore. Ho sempre voluto scrivere un libro sul volley, ma dopo un paio di ipotesi di trama ho capito che il genere romanzo non era adatto a ciò che volevo raccontare. Ho così deciso di dargli un taglio completamente nuovo, virando sul saggio umoristico. Questo mi ha dato la possibilità di dimostrare al di là di ogni ragionevole (e irragionevole) dubbio, che tutto discende dal volley. 
 
Volley, sempre Volley, fortissimamente Volley”, una frase rubata a Vittorio Alfieri per introdurre questa presentazione di uno sport accattivante come la pallavolo… come è nata la passione per questo sport nonostante tu sia non vedente?
Innanzitutto attraverso le radiocronache di Pallavolando su Radio 1 RAI, poi guardando le telecronache su Rai Sport. La potenza in particolare delle radiocronache permette anche, o forse soprattutto a chi non vede, di essere presente in ogni momento degli scambi a un livello così profondo e intenso che gli sembrerà di parteciparvi attivamente, evocando nella sua mente le immagini prodotte dalle parole del radiocronista, che descrivono il più puntualmente possibile ciò che avviene in campo. 
 
4) Ho praticato la pallavolo a livello agonistico per ventanni, conosco quindi ogni particolare o segreto di questo sport…oltre che amarlo alla follia. Qual è il tuo ruolo preferito e la giocatrice di quel ruolo che ricordi con più piacere? 
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, i ruoli che mi hanno sempre affascinato maggiormente sono il libero e il palleggiatore, e non chi mette la palla per terra come lo schiacciatore o l’opposto. Mi affascina chi orchestra, chi dirige le fasi di gioco amministrando la seconda linea, o innescando la miglior bocca da fuoco a seconda della situazione. Emblematiche rappresentanti di questi ruoli sono Paola Cardullo (che ha scritto anche la prefazione di questo libro), ed Eleonora Lo Bianco. Non solo ho ben presenti le loro giocate, ma ho anche avuto l’onore e il privilegio di conoscerle personalmente insieme a Paola Paggi, formidabile centrale, quando giocavano alla Foppapedretti Bergamo. Ho scoperto che, oltre a essere atlete immense, sono donne straordinarie. Mi hanno fatto sentire non un tifoso, ma il primo dei tifosi, dedicandomi tempo e attenzioni, mi hanno fatto sentire importante, speciale.   
 
Allora facciamo un piccolo giochino… è l’ultima azione per la tua squadra, come vorresti diventare il protagonista? Con una bella difesa, alzata o schiacciata?
E’ sempre difficile scegliere, ma esaminiamo con calma caso per caso. Se fossi un libero, e l’attacco arrivasse su di me, con un bagher perfetto innescherei il palleggiatore, che a sua volta sceglierebbe chi mandare all’attacco. Se fossi il palleggiatore chiamerei all’attacco il giocatore che ha la maggior possibilità di trovare il punto a seconda della situazione. Se fossi l’opposto tenterei o di frantumare il muro avversario con una cannonata, o di passargli sopra. Se fossi lo schiacciatore attaccherei in diagonale strettissima o in pipe, la mia palla preferita, in modo da cogliere in controtempo il muro avversario. Se fossi il centrale attaccherei con la sette, l’altra mia palla preferita, o con un bel primo tempo. 
  
Come mai hai scelto la comicità per parlare di questo sport?
E’ proprio grazie alla comicità che ho potuto toccare tutti gli aspetti di cui volevo parlare nel libro, e dimostrare ciò di cui sono fermamente convinto da molti anni: al mondo non dovrebbe esistere nient’altro che volley, sempre volley, fortissimamente volley. 
  
A questo punto una domanda tecnica, quali sono i punti fondamentali che non devono mai mancare in un libro?
In un’opera letteraria devono sempre coesistere due polarità, una che le conferisca un carattere leggero, che rilassi e faccia divertire il lettore, l’altra che lo spinga a riflettere sulle più svariate tematiche. Solo così la noia è scongiurata, e la voglia a girare pagina mantenuta sempre viva. 
  
Facendo riferimento al sottotitolo del capitolo 2: Perché ognuno di noi dovrebbe amare il volley?
Il modo migliore per scoprirlo sarebbe leggere il capitolo 2. Come anticipazione possiamo dire che è il solo sport in grado di trasmettere determinati valori e a produrre enormi benefici. Starà ai lettori scoprire quali sono reali e quali frutto della mia fantasia. 
  
Come è stato il percorso che ti ha portato a pubblicare questo libro? Spiegaci come è andata siamo curiosi…
Ero andato a fare una conferenza su letteratura e disabilità insieme a un altro autore Golem al Circolo dei lettori. Avevo già spiegato all’editore le peculiarità del mio nuovo lavoro. Sono arrivato sul posto con una cartellina, gliel’ho data dicendo che dentro c’era un regalo per lui, senza però svelargli che si trattava del primo capitolo del libro. A conferenza conclusa mi si è avvicinato per farmi i complimenti, e dirmi che l’avrebbe pubblicato nel giro di qualche mese. L’aveva letto rapidamente, sicurissimo che certi detttagli sfuggono sempre ai miei occhi, e aveva deciso, senza neanche leggerlo tutto, di pubblicarlo, dandomi un importante attestato di stima e fidandosi ciecamente (è quasi superfluo dirlo) della qualità del lavoro. 
 
10) Siamo arrivati al momento dei saluti… ma prima di lasciarci volevo chiederti una piccola curiosità… Quali sono i tuoi buoni propositi per questo 2020? Ci regalerai un seguito del libro?
Di buoni propositi ne abbiamo sempre tanti, e molti di questi restano tali. Dietro ogni nuova opera letteraria c’è sempre un progetto. Per quanto mi riguarda ne ho molti di progetti, e non solo letterari, ma se e quali fra questi si realizzeranno è prematuro dirlo. In fin dei conti… siamo solo ad aprile. 


ROBERTO TUROLLA

Roberto Turolla è nato a Murisengo in provincia di Alessandria. Ha studiato al liceo classico di Casale Monferrato, dopodiché si è trasferito a Torino per frequentare la triennale in Lettere moderne, in cui si è laureato nel 2010 con una tesi in Storia della lingua italiana sui Meridianidi Calvino. Successivamente ha frequentato la magistrale in Letteratura, filologia e linguistica italiana, in cui si è laureato nel 2013 con una tesi in linguaggio radiofonico, sulla trasposizione a radiodramma del romanzo di uno scrittore francese contemporaneo, Philippe Forest, intitolato L‘amore nuovo che gli ha fruttato un 110 e lode. Parallelamente ha coltivato gli studi di chitarra classica frequentando anche due anni di conservatorio a Torino, e proseguendo poi con lezioni private. Da cinque anni ha iniziato a seguire i corsi di scrittura creativa di Massimo Tallone. Con Golem Edizioni ha già pubblicato Racconti del buio.


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