Buon pomeriggio readers,
come tutti i giovedì è arrivato il momento di presentarvi l'autore ospite della pagina 69. Eccomi qui con, "Racconti di personalità multiple" di Valentina Venturino.
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Pagina 69
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Ricordo che la rubrica è stata ideata da Ornella di Peccati di Penna.
RACCONTI DI PERSONALITA' MULTIPLE - VALENTINA VENTURINO
Prezzo: € 8,31 (ebook € 2,99)
Editore: Self Publishing
Pagine: 130
Pubblicazione: 19 marzo 2020
I miei racconti non si lasciano classificare in un unico genere, spaziano in ambiti molto diversi, addirittura potrebbero sembrare scritti da più persone, da qui il titolo. Si tratta di frammenti: momenti, nella vita dei personaggi, in cui accade qualcosa che vale la pena di raccontare. Mi piace pensare che intorno a essi chi legge possa costruire una propria visione: immaginare cosa accadde prima e quale sarà il dopo, in un continuum temporale senza confini netti, che lascia spazio alla fantasia. Oltre ai racconti, ho raccolto alcune poesie.
ESTRATTO
“Ora di cena, le strade si svuotano. Con l’acquietarsi dei rumori esterni, si sentono. Passi. Qualcuno cammina nel teatro. Una torcia gli fa luce, si vede correre il fascio da sinistra a destra. Sa dove andare, si muove sicuro. Scivola nel corridoio centrale della sala, sale le scale che portano al palco. È rapido, guardingo. Pericoloso. Ora è dietro al palcoscenico, come ieri sera, durante il sopralluogo. Armeggia con il quadro elettrico, ci vogliono solo pochi minuti. Scosta il sipario, ripercorre la sala ed esce a passo veloce. Il complice lo aspetta fuori, nessuno si è accorto della loro intrusione. Richiudono il portone, si allontanano in fretta insieme.
Sono le venti e cinquantanove del 29 gennaio 1996.
Inizialmente filtra all’esterno soltanto il fumo. Ma presto si vedono bagliori attraverso i vetri, la tramontana facilita la combustione, qualcuno dà l’allarme, i veneziani accorrono al loro amato teatro, che ancora una volta brucia. I vigili del fuoco sono lì in pochi minuti, ma faticano ad arginare le fiamme, che serpeggiano sempre più alte e crepitano inesorabili, finché con uno scoppio assordante i finestroni vanno in frantumi. La struttura architettonica inizia a cedere, crolla il Torrino, poi il tetto della platea.
Le sagome di chi ha calcato le scene del teatro illustre si svincolano dall’immobilità a cui le ha costrette il tempo. Si scorge Tosca buttarsi dagli spalti per sfuggire all’incendio, Violetta agonizzare e stavolta non per la sua malattia, mentre ancora una volta Don Giovanni muore, soccombendo alla maledizione che ha colpito la Fenice una volta di più”.
VALENTINA VENTURINO
“…se la pelle te la strappa una spina, ah, Valentina, pensa che era naturale, era un ti amo, una carezza venuta male”.
Il testo della canzone che le aveva dedicato la Vanoni, Valentina se lo ricordava spesso, quando le capitava qualche sfiga. Per quanto si intuissero le buone intenzioni della cantante, non è che quella frase risultasse consolatoria. Ma lei, come diceva sua madre, era una specie di fenice, capace di riemergere dalle sue ceneri più fresca di prima. Più che testarda, la si poteva definire caparbia. Incontrandola per strada non ti saresti voltato a guardarla, ma forse, camminando a occhi bassi, avresti notato il suo passo svelto. Nel vestire, cercava sempre un dettaglio che la distinguesse dalla massa. Quando era sovrappensiero aveva l’abitudine di mordicchiarsi il labbro inferiore. Gli occhi grandi, color verde bosco, erano nascosti dagli occhiali, che le davano un’aria vagamente intellettuale. Aveva provato a toglierli, ai tempi del liceo, ma tre ottici insieme quasi non erano riusciti a tenerle gli occhi aperti, mentre cercavano a turno di metterle le lenti a contatto. In pratica, una scena da Arancia meccanica e lei allora aveva concluso che ficcarsi le dita negli occhi a quello scopo era contro natura. Per anni aveva fatto esperimenti sui suoi capelli. Passati i 40, aveva finito per accettare il fatto che era assolutamente incapace di governarli e aveva optato per un taglio corto e per il castano scuro, il suo colore naturale. Quando le chiedevano che lavoro facesse, aveva due versioni da dare: una lunga e una breve. Se rispondeva: “Organizzo fiere”, di solito la gente esclamava: “Uh, che bello” e si capiva benissimo che non aveva idea di che cosa si trattasse. In effetti, in genere voleva saperne di più. Allora, quando non aveva voglia di dilungarsi o intuiva l’assenza di un reale interesse dall’altra parte, Valentina buttava lì:
“La segretaria”. Risposta infallibile per togliere a chiunque la voglia di farle domande. Trovava zen cucinare: affettare verdure per lei equivaleva a meditare. Lo stesso le accadeva quando contemplava il mare o altri paesaggi e cercava di darne la sua personale visione, inquadrandoli con la macchina fotografica per poterli rivedere a distanza di tempo. Nata e cresciuta a Milano, adorava la Settimana del Design, in cui ogni angolo della città è trasformato da installazioni e da folle di creativi eccentrici, tra cui lei si sente a suo agio. E Pianocity, quando passeggiando per strada ti capita di essere rapito dalla musica di un pianoforte, che ti trasporta altrove, facendoti per un momento dimenticare dove stavi andando. Era curiosa e aveva tanti interessi, che l’avevano indotta a intraprendere numerosi hobby e attività, traendone capacità di vario genere. Nessuna di queste, purtroppo, si poteva definire genio. Questo era sempre stato il suo grande cruccio.
“…se la pelle te la strappa una spina, ah, Valentina, pensa che era naturale, era un ti amo, una carezza venuta male”.
Il testo della canzone che le aveva dedicato la Vanoni, Valentina se lo ricordava spesso, quando le capitava qualche sfiga. Per quanto si intuissero le buone intenzioni della cantante, non è che quella frase risultasse consolatoria. Ma lei, come diceva sua madre, era una specie di fenice, capace di riemergere dalle sue ceneri più fresca di prima. Più che testarda, la si poteva definire caparbia. Incontrandola per strada non ti saresti voltato a guardarla, ma forse, camminando a occhi bassi, avresti notato il suo passo svelto. Nel vestire, cercava sempre un dettaglio che la distinguesse dalla massa. Quando era sovrappensiero aveva l’abitudine di mordicchiarsi il labbro inferiore. Gli occhi grandi, color verde bosco, erano nascosti dagli occhiali, che le davano un’aria vagamente intellettuale. Aveva provato a toglierli, ai tempi del liceo, ma tre ottici insieme quasi non erano riusciti a tenerle gli occhi aperti, mentre cercavano a turno di metterle le lenti a contatto. In pratica, una scena da Arancia meccanica e lei allora aveva concluso che ficcarsi le dita negli occhi a quello scopo era contro natura. Per anni aveva fatto esperimenti sui suoi capelli. Passati i 40, aveva finito per accettare il fatto che era assolutamente incapace di governarli e aveva optato per un taglio corto e per il castano scuro, il suo colore naturale. Quando le chiedevano che lavoro facesse, aveva due versioni da dare: una lunga e una breve. Se rispondeva: “Organizzo fiere”, di solito la gente esclamava: “Uh, che bello” e si capiva benissimo che non aveva idea di che cosa si trattasse. In effetti, in genere voleva saperne di più. Allora, quando non aveva voglia di dilungarsi o intuiva l’assenza di un reale interesse dall’altra parte, Valentina buttava lì:
“La segretaria”. Risposta infallibile per togliere a chiunque la voglia di farle domande. Trovava zen cucinare: affettare verdure per lei equivaleva a meditare. Lo stesso le accadeva quando contemplava il mare o altri paesaggi e cercava di darne la sua personale visione, inquadrandoli con la macchina fotografica per poterli rivedere a distanza di tempo. Nata e cresciuta a Milano, adorava la Settimana del Design, in cui ogni angolo della città è trasformato da installazioni e da folle di creativi eccentrici, tra cui lei si sente a suo agio. E Pianocity, quando passeggiando per strada ti capita di essere rapito dalla musica di un pianoforte, che ti trasporta altrove, facendoti per un momento dimenticare dove stavi andando. Era curiosa e aveva tanti interessi, che l’avevano indotta a intraprendere numerosi hobby e attività, traendone capacità di vario genere. Nessuna di queste, purtroppo, si poteva definire genio. Questo era sempre stato il suo grande cruccio.
Grazie Sonia!!!! <3
RispondiElimina@acquaevento19