Serie Netflix di grande successo, La regina degli scacchi sbanca anche ai Golden Globes 2021.
Perché oggi vi parlo di una miniserie? Perché è davvero tanto cinematografica. Di miniserie e serie tv è pieno il mondo, alcune molto belle, indimenticabili. Altre diverse, ma che per una ragione o per un'altra incantano. Il caso della Regina degli Scacchi, o meglio di The Queen's Gambit, titolo originale che prende il nome da una famosa aperura nel gioco degli scacchi, è proprio questo: forte di una storia di base narrata nell'omonimo libro scritto da Walter Tevis nel 1983, la miniserie Netflix diretta da Scott Frank con protagonista Anya Taylor-Joy riprende l'ascesa nel gioco degli scacchi di Beth Armon, e la sua contemporanea discesa nel mondo dell'alcolismo.
La bambina prodigio, la cui storia inizia con il suicidio della madre e il suo ingresso in orfanotrofio, si preannuncia difficile fin dall'inizio: da subito ai ragazzi della struttura vengono imposti dei tranquillanti, che provocheranno una prima dipendenza per Beth. Unico sfogo per la sua immaginazione è il gioco degli scacchi, conosciuto grazie al Signor Shaibel (Bill Camp), custode dell'orfanotrofio che insegnerà le mosse base alla bambina, le consiglierà i primi libri e parlerà di lei alle persone giuste che non ignoreranno il suo talento. Successivamente all'adozione da parte di nuova famiglia, Beth, ormai grande, inizierà il suo percorso nei campionati degli scacchi.
La miniserie si estende per 7 episodi dalla durata di 45/90 minuti circa, e percorre la vita e la crescita della protagonista, la sua passione e la sua ossessione, il suo talento che è al tempo stesso una via di fuga e una prigione. Un viaggio ben raccontato nella vita di un personaggio con problemi che sono prima di tutto interiori. Nonostante questo, le persone incontrate saranno i pezzi fondamentali per far sì che Beth stia bene, ognuno con il proprio posto e il proprio ruolo, come i pezzi degli scacchi. La protagonista rimane sempre lineare, descritta alla perfezione, e per questo si vede moltissimo l'impronta del romanzo, in particolare proprio nello scavo interiore dei personaggi coinvolti e nella lenta attenzione al corso degli eventi. Seppur centrale il tema degli scacchi, l'attenzione è posata anche sulle dipendenze, sull'ossessione e sulle vie d'uscita necessarie, soprattutto quando si possiede una grande mente. Anya Taylor-Joy è la rivelazione della serie, subito premiata e acclamata da pubblico e critica, giustamente aggiungerei. Piccola mansione doverosa anche per Bill Camp, Thomas Brodie-Sangster e Isla Johnston (interpreta la piccola Beth dell'orfanotrofio). Anche dal mondo degli scacchi le critiche sono tutte positive, il che non guasta. Che dire, vi consiglio davvero di vedere questa miniserie, che trascina e non stanca, che incuriosisce e fa appassionare agli scacchi. E se siete già appassionati, non potete perderla.
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