Disponibile su Disney + The French Dispatch, un film diretto da Wes Anderson, con Timothée Chalamet, Saoirse Ronan, Elisabeth Moss, Léa Seydoux, Bill Murray, Willem Dafoe, Christoph Waltz, Tilda Swinton, Benicio Del Toro, Frances McDormand, Rupert Friend, Owen Wilson, Adrien Brody, Alex Lawther, Anjelica Huston, Fisher Stevens, Jeffrey Wright, Jason Schwartzman, Henry Winkler, Lois Smith, Griffin Dunne, Mathieu Amalric, Denis Ménochet.
Scheda Film
Nella cittadina francese di Ennui-sur-Blasé ha sede la redazione del French Dispatch. Gli articoli trattati spaziano dalla politica alla cronaca, dalla cultura generale all'arte, la moda, la cucina. Quando il direttore del giornale muore, i redattori decidono di pubblicare un numero commemorativo, che raccolga tutti gli articoli di successo pubblicati dal French Dispatch negli ultimi anni. Tra questi, il film approfondisce tre episodi in particolare: il rapimento di uno chef, un artista condannato al carcere a vita per un duplice omicidio e un reportage sui moti studenteschi del '68.
THE FRENCH DISPATCH E L'AMORE PER IL RACCONTO
C'è quel tocco di ironia e delicatezza francese, ma anche un super cast quasi impossibile da scovare tutto a primo sguardo. The French Dispatch è un omaggio di Wes Anderson al giornalismo, ai giornalisti, alla capacità di raccontare storie e di catturare momenti, persone, fatti. Ma è anche un'attenzione all'arte, alla poesia di una città, di un tempo lontano, uno sguardo differente alle storie che vengono raccontate. Anderson gira questo film in modo tutto suo, non preoccupandosi che venga colto nei particolari fin dalla prima visione, ma assicurandosi che il fortissimo potere narrativo travolga lo spettatore.
Ci sono tante piccole cose che rendono questo film importante, innovativo e anche nostalgico, tutte perfettamente coordinate in storie varie per tempo, spazio e protagonisti. Wes Anderson ha dichiarato di essere da sempre un lettore del New Yorker, catturato fin dal liceo inizialmente dalle illustrazioni di copertina e successivamente dalle storie. Non ha mai smesso di leggerlo e, nel corso degli anni, ha voluto approfondire il dietro le quinte della rivista fino a rendere omaggio con The French Dispatch. La scelta dell'ambientazione è ispirata alla Francia, ma non è la Francia, bensì - come lo stesso regista dichiara - è un film "francese", ovvero: la città è fittizia, ma volutamente poetica, nostalgica, ribelle, romantica come la Francia tanto amata da Anderson, e il modo di raccontare ha un sapore vicinissimo alla cinematografia francese. C'è una voglia di innovazione che parte proprio dal passato, come accade in ogni rivoluzione artistica, ed è riscontrabile proprio nel ritorno al bianco e nero e nella variazione continua dei formati, nell'immobilità delle pose e nella velocità di alcune azioni. La suddivisione della narrativa si compone di sei parti: il primo sguardo si posa sull'avvenimento che sconvolge la redazione, ovvero la morte del direttore Arthur Howitzer Jr. e il testamento in cui viene indicata la cessazione della pubblicazione del giornale con un ultimo numero contenente il necrologio e una raccolta degli articoli migliori; il tour di Sazerac, il reporter ciclista, che pone un confronto tra il presente e il passato girando per la città con la sua bicicletta; "Il capolavoro di cemento" di Berenson, in cui l'artista detenuto Moses crea dipinti moderni, attirando l'attenzione di un mercante d'arte e, in seguito, di un pubblico d'intenditori; "Revisione a un manifesto" di Krementz, racconta di una rivolta studentesca che sfocia nella "rivolta della scacchiera" e nel blocco della città; "La sala da pranzo privata del commissario di polizia" di Wright, in cui il figlio del commissario di polizia viene rapito da una banda di malviventi che chiedono il rilascio del contabile della criminalità organizzata locale; l'epilogo, con gli ultimi saluti a Howitzer e la lavorazione dell'ultimo numero della rivista.
Il ritmo è veloce, i racconti sono vari e particolarissimi, ricchi di dettagli che restano nella mente dopo la visione. La scena è perfettamente studiata, geometrica, poetica nelle sua immagini. Anderson riesce a mettere in scena il processo creativo, e ci riesce davvero bene; permette allo spettatore di toccare con mano le storie, sentire odori e sapori di quella città, vivere i tumulti di una rivolta, percepire la rabbia di un artista fuori di testa, rendere eroe un personaggio insospettabile. Da vedere.
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