Buongiorno miei piccoli lettori,
la nostra mamma Eliana oggi ci parlerà di un albo molto singolare sia per il testo che per la sua forma particolare e divertente.
Io sono così
di Fulvia Degl'Innocenti - Antonio Ferrara
Prezzo: € 14,00
Link d'acquisto: QUI
In poche righe raccolte in un libro a soffietto, un personaggio si descrive come in una filastrocca - attraverso quello che ama fare. Fare alla lotta, cucinare, arrampicarsi, giocare a carte e mille altre cose. È un maschio o è una femmina? ci chiediamo scorrendo le pagine, ma il sesso del protagonista si rivela solo alla fine del breve racconto, capovolgendo il soffietto, in un'immagine poster che ne mostra il volto e il desiderio di vivere un'infanzia fuori dagli schemi... Età di lettura: da 4 anni.
RecensionE
Bastano una piegatura a fisarmonica, poche parole ed una manciata di
illustrazioni per essere insigniti del riconoscimento Andersen miglior
libro fatto ad arte.
«Per l'indubbia originalità e vivacità di un progetto cartotecnico “a leporello” spiazzante e arioso, capace di sorprenderci e -implicitamente- di invitarci alla riflessione. Per la freschezza e l’equilibrio del testo, e l'eccellente qualità delle immagini, sintetiche e pungenti. Per essere il frutto di una giovane casa editrice impegnata nella battaglia contro le disparità di genere»
(Giuria del Premio Andersen 2015)
Siamo nel 2015 ed il premio va Io sono così, edito da Settenove, casa editrice nata appena un paio d'anni prima con l'intenzione di prevenire, attraverso il libro e la cultura, la discriminazione e la violenza di genere.
Fulvia Degl'Innocenti riesce benissimo nell'intento di dimostrare quanto alcuni stereotipi siano talmente radicati nella nostra cultura da rendere necessaria una presa di coscienza collettiva.
Attraverso il gioco del mi piace/non mi piace e le illustrazioni quasi infantili di Antonio Ferrara, il protagonista ci svela poco a poco chi è, i suoi giochi preferiti, i suoi gusti in fatto di cibo, senza mai rivelarci veramente chi è. Almeno non prima della fine.
Partiamo dalla copertina: un paio di scarpe da calcio, rosse con i lacci neri, si stagliano sul cartoncino grezzo piegato a leporello. Pochi colori, essenziali, come i tratti delle illustrazioni. L'incipit Mi piace quando corro nel parco inseguendo un pallone [...] quando sfido Andrea con il mio mazzo di carte dei supereroi[...] ci induce, volutamente ed erroneamente, ad ipotizzare che il protagonista della storia sia un bambino. Un bambino a cui piacciono le classiche cose da maschio. Giocare a calcio, fare la lotta, correre a perdifiato. Solo alla fine scopriamo che il protagonista è una bambina. Non mi piace quando mi chiamano maschiaccio. Non mi piace perché io sono una bambina. Una bambina e basta.
La protesta della bambina dovrebbe apparirci quasi ridondante, di questi tempi. Eppure, se la maggior parte di noi, adulti e bambini, ha dato per scontato leggendo di aver a che fare con un protagonista maschile, urge una riflessione.
È davvero necessario restare ancora ingabbiati in un genere? È giusto, come certi retaggi suggeriscono, etichettare come maschiaccio o femminuccia una bambina o un bambino che semplicemente sceglie i suoi giochi non in base ai modelli di riferimento ma in base al piacere del gioco?
Dovremmo semplicemente poter essere noi stessi e dobbiamo batterci affinché sia possibile. E se le armi sono quelle che ci fornisce Settenove, non fa una piega. Non in questo caso.
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