Eccomi nuovamente qui readers,
è arrivato infatti il momento della Rubrica dedicata ai nostri autori emergenti, Pagina 69. Oggi sul Blog abbiamo come ospite Antonella Perrotta, e il suo ultimo libro: "Malavuci".
Sia per la pagina 69 che per la segnalazione dovrai inviarmi il seguente materiale:
- Libro da segnalare
- Piccolo estratto a piacere del libro
- Biografia
- Foto autore/autrice o qualcosa che vi rappresenti
Avviso: Tutte le email sprovviste di questo materiale non saranno neanche prese in considerazione
Ricordo che la rubrica è stata ideata da Ornella di Peccati di Penna.
Prezzo: € 16,50
Editore: Ferrari Editore
Pubblicazione: 10 luglio 2022
Anno 1919. Questa è una storia di maldicenze, fraintendimenti e segreti. Di un dramma familiare raccontato con ironia, ambientato in un immaginario borgo che appare come un palcoscenico, pieno di fascino e minacce, dove tutti si conoscono e sembrano sapere tutto di tutti. Sasà e Lela, vittime di sentenze capaci di segnare il futuro, la giovane Faustina, prostituta per necessità, Antonio e Caterina, protagonisti di un matrimonio imperfetto. I loro destini s'inseguono in un avvincente romanzo che va dritto al cuore, in cui colpi di scena e cattiverie si alternano a risate amare. L'autrice sviscera e scardina, con leggerezza, il virus dei pregiudizi e delle ipocrisie, mettendo in risalto barriere interiori e atteggiamenti discriminatori che generano dolore e ingiustizie.
C’è qualche vecchio che lo ricorda ancora, il
borgo, e ne parla con la voce che scortica l’aria. Dice che, a vederlo da
lontano, sembrava un monolito incastonato nel verde delle alture della Catena
costiera calabrese che guardano al Tirreno. Soltanto il campanile della chiesa
della Madonna Nera svettava verso l’alto come un punto esclamativo, mentre le
mura del santuario della Madonna del Fiume e i resti del castello normanno,
accordati col profilo della collina, neanche si notavano.
Eppure, borgo era. Lo chiamavano il paese del
vento.
Il vento, lo portava già nel nome, ma quello benevolo di primavera che spira da ponente, rappresentato dagli ateniesi nella Torre di Andronico con le sembianze di un fanciullo dal mantello fiorito. A San Zefiro, invece, soffiava in ogni stagione e non sempre annunciava il sereno. Anzi. Il più delle volte, prometteva tempesta.
Avvertiva con un sussurro, un sibilare leggero, e, poi, si liberava con la foga acerba di un qualcosa che non riesce a dominare se stesso. Si arrampicava sulle scalinate ripide che univano i quartieri e ne scendeva irruente come un ragazzo giocoso, s’insinuava tra le pietre ruvide delle vinedde, tra le mura rugose dei fabbricati, all’interno dei portoni e delle putighe degli artigiani, fino a violare l’intimità delle stanze abitate attraverso un’apertura incauta o uno spiraglio incosciente e, nel suo avanzare, trasportava da un punto cardinale all’altro l’erba delle colline, la polvere del selciato dei vicoli, il profumo d’incenso delle chiese e del santuario mariano, gli odori del muschio e del limo delle fiumare, quelli del mosto, delle spezie, della saggina, della legna, del carbone e pure il puzzo della fame e delle latrine all’aperto.
Anche le voci trascinava con sé. Sapevano di terra, ma qualcuno ancora giura arrivassero fino al mare, dove l’orecchio dei pescatori era in grado di distinguerle e decifrarle prima che si mischiassero con quelle delle acque. […]
Era, forse, per via delle voci, declamate con leggerezza di lingua, che tutti credevano che a San Zefiro non esistessero segreti inviolati. […] Ma, per quanto ognuno lo negasse all’altro e finanche a se stesso, c’erano segreti che riuscivano comunque a sopravvivere, acquattati in un rifugio che faceva sperare non fossero scovati e sottoposti a giudizio.
Allora che cosa ve ne sembra? Vi ho incuriosito?
Nessun commento