Il film di Dan Kwan e Daniel Scheinert con Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Ke Huy Quan, James Hong, Jamie Lee Curtis ha già vinto tanti premi ed è pronto a far incetta di Oscar!
Scheda Film
Evelyn e il marito Waymond sono cinesi americani con una tipica impresa di famiglia: una lavanderia a gettoni. Sono però indietro con le tasse e devono presentarsi presso l'ufficio della IRS con vari documenti che giustifichino la detrazione delle spese. Della famiglia fanno parte anche il nonno materno Gong Gong e la figlia Joy, che è in una relazione lesbica mal digerita dalla madre. Nell'ufficio di Evelyn la banalità della sua vita viene travolta da una sconcertante missione: il multiverso è in pericolo e la donna, assumendo in sé le capacità delle proprie varianti da altri mondi, deve cercare di arrestare una misteriosa entropia cosmica.
EVERYTHING EVERYWHERE ALL AT ONCE: UN CAOS VOLUTO E GENIALE
Questo film è un caos. Ed è voluto. Il multiverso come neanche Doctor Strange è stato in grado di mostrare, quell'impasto di persone e varianti che fanno di noi degli esseri uguali e differenti in tante parti del cosmo. Protagonista della storia, una donna ordinaria che insieme alla sua famiglia gestisce una lavanderia a gettoni. I tre personaggi ci vengono presentati in maniera molto stereotipata, ovvero la super mamma che pensa a tutto, la figlia adolescente che la fa disperare, il marito rimbambito. Eppure la straordinarietà deriva proprio dall'ordinarietà: il rimbambito è in grado di eseguire delle mosse da vero ninja e di mettere KO i suoi avversari in pochi secondi. Questo perché, in un altro multiverso, lui non è il marito sorridente e docile ma un campione di arti marziali. In un altro ancora sarà un cuoco un attore o chicchessia. Stabilendo una connessione con queste alternative, i personaggi ordinari della storia diventano straordinari. Grandissimo merito va al cast: Michelle Yeoh, Stephanie Hsu, Jamie Lee Curtis e soprattutto Ke Huy Quan (il marito rimbambito) sono meravigliosi. Il punto forte del film sono proprio loro, oltre che a un'ottima regia.
I Dan raccontano una storia che si appoggia tantissimo sul montaggio, che deve essere scattante e pieno di inquadrature, di informazioni. La narrazione è velocissima e sembra suggerirci di lasciarci andare alle immagini, senza soffermarci a pensare se abbiamo capito o no ciò che stiamo vedendo. Le due ore e più di film sono ben sostenute per la prima parte, dopodiché abbiamo un calo che sprofonda in un finale moraleggiante il cui significato è anche molto universale, ma forse un po' smielato: abbiamo tutti bisogno di qualcuno e siamo tutti meravigliosi così per come siamo. Giustissimo, però mi aspettavo qualcosa di più innovativo visto l'originalità del film in sé.
Bellissime le riprese frammentate dagli specchi, che da subito suggeriscono in che cosa stiamo per tuffarci. Adrenaliniche le sequenze di combattimento, ripetitivi alcuni sketch, memorabile la lotta di Waymond col marsupio. Limpida la fotografia, che spazia tra il normale e il fantastico, pulito il trucco, dettagliata la scenografia. Nel complesso, regia, montaggio, recitazione sono i punti forti del film, mentre la sceneggiatura lo è meno, soprattutto paragonata a quella poesia de Gli spiriti dell'Isola, anch'esso plurinominato agli Oscar (recensione: https://www.ilsalottodelgattolibraio.it/2023/01/cinegatto-gli-spiriti-dellisola-urlano.html).
Cosa ci insegna questo film? A guardare la nostra vita e noi stessi con un terzo occhio, perché, forse, il tutto si può migliorare e non è poi così male.
Nessun commento