Buongiorno Gattolettori,
oggi Francesca Lesnoni, vi
parlerà di un bellissimo film di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese dedicato al poeta Dario Bellezza
Dario Bellezza, poeta italiano del secondo Novecento, morì di Aids il 31 marzo 1996. 27 anni dopo viene ricordato e celebrato in un documentario che, attraverso le testimonianze di amici, ammiratori ed esperti, ne racconta la vita, il lavoro e gli amori ricostruendo anche la straordinaria scena poetica e artistica della Roma anni '60 e '70, la tremenda stagione dell'Aids, la «Sodoma» notturna degli omosessuali spinti prima a nascondersi e poi via via a mostrarsi sempre più e a rivendicare il proprio piacere. A emergere dal film è un uomo orgoglioso e solo, capace di parole potenti e di sentimenti fragili, di impudicizia e di timidezza, autore di una vita tormentata, povera, triste. Bellissima.
Film
visionario, di struggente poesia, che emoziona, commuove, incanta
Ringrazio la tenace ragazza di un blog dal nome improbabile che insiste nell’invitarmi a ogni anteprima di film nonostante, sino a ora, io abbia scritto un’unica, misera recensione. La realtà è che per me non è facile scrivere. Comunque, quando mi sono presentata al Cinema Nuovo Sacher, mi è stato detto che la serata non era a inviti (vai a capire cosa fosse successo). Tuttavia, dopo qualche consultazione, sono stata accolta con squisita gentilezza.
Questa sarà la mia seconda recensione che, con buona probabilità, indurrà la tenace ragazza a non mollare l’osso sino alla terza. Al di là di ogni ironia, che serve a stemperare l’emozione, sento di scriverla perché, dopo sei giorni dalla proiezione, mi ritrovo ancora assorta, commossa, stupita.
E mi torna negli occhi, nel cuore, la prima immagine del film, sgranata e sbiadita dal tempo: una spiaggia del litorale romano in una mattina di sole e vento, i bambini si rincorrono, ridono, giocano contenti… I grandi parlano, passeggiano, nuotano… I ricordi di Dario Bellezza cominciano in quel giorno. La sua mamma si distrae e lui finisce sott’acqua, risucchiato dalla corrente fino a sentirsi morire. Lo salvano, ma quella sensazione di abbandono non lo lascerà per la sua intera vita, rimarrà sempre quel bimbo sperduto che cerca di risalire dal buio alla luce.
Carmen Giardina e Massimiliano Palmese sono riusciti a dipingere con intensa sensibilità il ritratto di Dario, poeta dallo sguardo puro e irriverente, che demolisce l’ovvietà, i luoghi comuni, le apparenze, i giudizi farisaici di quelli che sono convinti di possedere la verità e di avere l’assurdo diritto di calpestare gli altri senza pietà. Alcuni di questi benpensanti si dicono persino cristiani senza sapere neppure lontanamente di cosa e, soprattutto, di Chi stiano parlando.
Il ritratto di Dario viene tratteggiato con freschezza e autenticità, attraverso le tenere testimonianze degli amici, il suo archivio quasi integralmente preservato, immagini ritrovate di quegli anni, la magnifica musica di Pivio e Aldo De Scalzi che avvolge il film e lo spettatore. Non è un’opera commemorativa, tesa a costruire il monumento del poeta, al contrario, lo rivela con delicatezza proprio nella sua struggente fragilità. Dario è allegro, malinconico, serio e cialtrone, scostante, generoso, istrione, eppure solitario, alla ricerca costante, sempre fallita, di una madre, impavido e pauroso, contraddittorio, come tutti noi, fatta eccezione per i farisei di qualche riga sopra, che sono bravi in tutto e tutto sanno. Deve essere triste non avere più nulla da imparare.
Un film visionario che ci mette di fronte a noi stessi, ai nostri sogni, speranze, velleità, cadute, risalite, a come eravamo, a come siamo diventati, all’unicità irripetibile della nostra vita, all’amore con cui abbiamo vissuto o viviamo, fosse anche soltanto per un attimo, in un bicchiere d’acqua fresca donato a chi ha sete, un verso a chi si sente solo.
Dario muore a cinquantuno anni, dopo essere stato sbattuto in prima pagina insieme alla sua malattia, con violenza inaudita, senza alcun rispetto.
“Ma tu la preghi la Madonna?” ha chiesto all’amico Elio Pecora in uno degli ultimi giorni di agonia.
La prima immagine del film, una spiaggia in una mattina di sole e vento, è anche l’ultima.
E mi corrono dentro i suoi versi:
Penso che dovrei avere un figlio:
che mi guardi dal letto sfatto e sorrida
mentre ascolto una musica lontana
celestiale, di sogno…
La stai ascoltando, Dario?
Spero di sì, spero tanto di sì.
Che tu ti senta finalmente quel figlio voluto, amatissimo, che sorride, nel sole nel vento
*Chiedendo perdono per questa recensione povera, rispetto a un film tanto bello e alla squisita gentilezza con cui sono stata accolta. Ma per me, come ho evidenziato all’inizio, non è facile scrivere.
Interessante, lo vedrò :)
RispondiEliminaNon conoscevo questo autore. Grazie per la tua recensione, mi ha incuriosito molto! :)
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