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CINEGATTO: PARLANDO DI EMILIA PEREZ

 Emilia Pèrez di Jacques Audiard è al cinema. 


Scheda Film


 

Manitas del Monte, feroce barone di un potente cartello messicano, ha deciso di cambiare radicalmente vita. Cresciuto in un contesto machista, patriarcale e criminale, ha soffocato per anni il suo essere profondo. Ma non è mai troppo tardi per diventare donna. Per realizzare il suo più grande desiderio, fa rapire Rita Moro Castro, giovane avvocato brillante al servizio di un grosso studio legale, più interessato a fare assolvere criminali che a servire la giustizia. Manitas recruta Rita per gestire transizione e futuro: simulare la sua morte con moglie e figli e ricominciare altrove. Poi Manitas diventa Emilia ma il passato fatica a passare come i rimorsi. Rientrata in Messico, cinque anni dopo, decide di riprendersi la sua famiglia e di restituire al suo Paese i corpi dei suoi martiri. Ma una questione di cuore tuonerà tempesta.

 

PARLANDO DI EMILIA PEREZ

Emilia Pèrez è il film del momento. Premiato ai Golden Globe (Miglior film commedia o musicale, Migliore attrice non protagonista a Zoe Saldana, Migliore canzone originale a El mal, Miglior film straniero) e a Cannes (Prix d'interprétation féminine a Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Adriana Paz e Zoe Saldana, Premio della giuria, Premio alla colonna sonora), il film di Audiard racconta attraverso le sue protagoniste femminili tre differenti sfaccettature di donne. 


SE NON AVETE VISTO IL FILM NON PROSEGUITE LA LETTURA PER NON INCAPPARE IN SPOILER!!




Zoe Saldana interpreta Rita Moro Castro, avvocata in uno studio legale, che apre il film con la sua arringa vincente a favore di un criminale. Non è lei a parlare in aula, ma è la ghostwriter del suo capo, un uomo che si limita a imparare le parole a memoria e a cui non importa assolutamente che un assassino che ha ucciso la moglie venga così salvato.
Karla Sofia Gascòn è Manitas del Monte, un boss messicano che, attirato dalla bravura professionale di Rita, si mette in contatto con lei per un lavoro: la renderà ricca se lo aiuterà a cambiare sesso, trovando il medico migliore nonché più discreto e aiutando la sua famiglia a rifugiarsi in un posto sicuro. 
Selena Gomez è Jessica, moglie di Manitas, innamorata e ignara di ciò che sta per succedere. 

Rita inizia una ricerca approfondita su tutto ciò che Manitas le ha chiesto, riuscendo pienamente a soddisfare tutte le sue richieste. Ma dopo quattro anni, il boss messicano torna da lei con il suo nuovo corpo e il suo nuovo nome: Emilia Pèrez.
Gli manca sua moglie e i suoi figli, li rivuole con lei e per questo Rita dovrà riportarli in Messico fingendo che il loro trasferimento dalla sorella di Manitas - Emilia, appunto - fosse una volontà del marito defunto. 

Questa premessa di trama parziale è doverosa per spiegare perché Emilia Pèrez non mi ha convinto del tutto. Non ci sono dubbi sulla bravura del cast, in particolare su Karla Sofia Gascòn che vincerà sicuramente l'Oscar per l'interpretazione. La sua voce delicata, soffiata e quasi rassicurante è in netto contrasto con il personaggio di Manitas, ed è anche quello che mi è piaciuto di più. La spiegazione, in quello spazio intimo in cui si nascondeva il boss messicano, del perché del suo desiderio di cambiare sesso è, a mio avviso, il momento più toccante e vero del film. Si tratta di una persona che, al di là del suo sesso, ha vissuto tutta la sua vita in trappola, in un contesto così duro da dover scegliere di essere ancora più crudo degli altri per sopravvivere. Così Manitas è arrivato a essere il boss messicano di cui tutti parlano, ma adesso è stanco, vuole poter dare spazio a quell' "animo di miele" che racconta a Rita e che ha sempre sentito dentro di sé. 




Rita si lascia intimorire dalla figura del criminale solo per qualche istante, ma viene subito colpita dalle parole di Manitas e crede di riconoscerne la verità e il dolore dietro a quella vita strappata da un corpo che non gli appartiene. Lo crede perché è una donna che ascolta le altre donne, o almeno è ciò che il suo personaggio lascia trasparire, forse pienamente convinto. Ma i fatti sono altri, e vengono dimostrati fin dalla condanna che lei, con la sua arringa, ha dato alla donna uccisa a inizio film. Ci tiene tanto a sottolineare che è un'avvocata laureata costretta a fare un lavoro sporco, una donna che desidererebbe avere dei figli ma il tempo non glielo permette. Parlando tra sé o con gli altri, il personaggio di Rita è fortemente indaffarato a mettere in chiaro che "lei è in questo modo", una donna con desideri da donna ma intrappolata - anche lei - in un lavoro a tempo pieno e senza moralità, come se (parlando per stereotipi) fosse lei un uomo. Con il primo dottore che incontra, infatti, ha questo scambio di battute: 

"Da lei a lui o da lui a lei", chiede il chirurgo in riferimento al paziente che vuole cambiare sesso.
"Da lui a lei", risponde Rita. 
"Per lei?", chiede il medico scrutando la donna dalla testa ai piedi, che risponde quasi imbarazzata con un "No, è per un amico".

Mi ha colpito questo scambio di battute proprio perché il personaggio di Rita sembra essere l'uomo. Ma andiamo avanti.
Incontrando un altro medico, quello che alla fine accetta, vi è un altro scambio di battute in cui l'uomo non è convinto di voler operare Manitas perché sostiene che è possibile cambiare aspetto, ma non l'anima. Proprio questo parere è quello che tiene unito tutto il filo logico del film: le azioni di Emilia sono esattamente quelle di Manitas. Il voler portare indietro la sua famiglia per egoismo (anche constatando che i figli vorrebbero tornare in Svizzera, dove si erano costruiti una vita); il ricontattare Rita e legarla a sé tramite un nuovo lavoro, e poi un altro, e ancora un progetto e un altro ancora; la ferocia con cui si scaglia contro la sua ex moglie che - giustamente - stava per rifarsi una vita. Tutte queste azioni da Manitas non possono essere messe da parte solo perché Emilia ha deciso di fondare una società in cui vengono ritrovati i corpi delle persone scomparse (che, tra l'altro, la maggior parte delle quali sarà scomparsa sicuramente a causa sua!). Il suo cercare di dare pace a delle famiglie non può ridimensionare il fatto che in quel corpo nuovo si nasconde lo stesso animo di sempre, che non è di miele. 




Dunque cosa penso del film? - e solo del film, perché il discorso della transizione di sesso è molto più complicato di 130 minuti di narrazione cinematografica. 
Penso che sia un racconto che non ha un messaggio centrato. Abbiamo tre donne protagoniste, eppure non ho capito nessuna delle tre. Non riesco a rivedermi in nessuna scelta, nemmeno quella di Jessica che è una madre ma che sembra più una ragazzina in balia di un amore egoistico e passionale. Non capisco Rita e il suo cuore di pietra. Mentre Manitas/Emilia la capisco bene semplicemente perché è un uomo che fa scelte da uomo, non una donna. Esattamente come l'ex capo di Rita, passa sopra ogni persona e ogni ragione per ottenere ciò che vuole. Tiene in pugno la vita di Rita e quella di Jessica, vuole sentirsi donna senza rinunciare al suo passato da padre. Comprensibilissimo, ma - sempre parlando di un film - cosa vuol dire? Di chi stiamo parlando? Di donne, di uomini o semplicemente di persone? Ecco, forse il punto è proprio questo. Pensavo di andare al cinema a vedere un film con un focus più femminile, invece mi sono trovata travolta da tre storie terribili di persone più o meno spezzate. Persone con sogni, problemi, paure il cui sesso non c'entra proprio niente. Uscendo dalla sala mi sono chiesta se il fulcro della storia, ovvero il cambio di sesso di Manitas, fosse davvero così importante per la trama. Sicuramente è la parte più interessante e inizialmente più toccante, ma per come si sviluppa il film sembra che - corpo a parte - non sia cambiato niente. Del resto le battute di quei dottori non possono essere state messe lì per caso. 
Infine, questa nuova ondata di finto musical che pervade in Joker 2 e in Emilia Pèrez non la capisco: si tratta di soliloqui cantati, non di musical. Se penso a un musical, mi viene in mente qualcosa di corale, colorato, allegro. O anche no, magari a qualcosa di cupo, ma pur sempre non un soliloquio. 

Dunque, Emilia Pèrez va visto? Certo, è un film che vale la pena di vedere per la bravissima protagonista. Un film che rimane per un po' nella testa, non per le canzoni - che non sono memorabili - non per la trama, ma esclusivamente per Karla Sofia Gascòn che è pazzesca nel farci sentire la sua sofferenza, intimità, felicità. 






                                          

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